mercoledì 30 gennaio 2013

Romano d'Ezzelino (VI), domenica 13 gennaio 2013. DIARIO DI BORDO DI FLAVIO.

FONDAZIONE NUOVA SPECIE ONLUS
Presidente: Dr. Mariano Loiacono




DIARIO DI BORDO.
DATA ASTRALE 3102.10.31
IL GRUPPO ALLA SALUTE
DELLA DOMENICA
A ROMANO...




7.45, suona la sveglia. Perché suona? È domenica!!!

Mmm… Ah!... già, devo andare al Gruppo alla Salute.
Uff! Posso fare le cose con calma: un’oretta per prepararmi. Devo... Ho pensato ieri di andarci. Ma ora che mi sveglio non ne sono più tanto sicuro.

Sono stanco, il sabato è stato faticoso, fa freddo ed è brutto tempo.

Tutto indirizza verso rimanere a casa e fare una delle tante belle cose che potrei fare, cose che mi farebbero sicuramente stare bene! Leggere, guardare le mie amate foto, ascoltare musica

Dai, intanto alziamoci!

Doccia e poi colazione. Sto mangiando latte e biscotti e guardo fuori dalla finestra. E’ esattamente freddo e brutto come mi aspettavo, forse anche di più! Ma chi me lo fa fare di aver voglia di mezzora di macchina? E a fare cosa poi?

Vado a parlare - poco per la verità…- e ad ascoltare gli altri che parlano dello loro vite.

Voglia pari a zero, o forse qualcosa sotto. Mi piace ascoltare gli altri, parlare di me molto meno.

Provo a ricordare ciò che mi rimane di questi incontri e nei cassetti della memoria trovo solo cose belle, intense, vive. Ma il ricordo è così lontano in questo momento… I colori non sono più vividi, arriva solo un'eco lontana di quelle armonie.

Aprire quella porta, salutare le persone. In quella porta c’è molto di più di ciò che sembra. Unione tra due mondi così vicini ma anche così diversi.

Di sicuro costa fatica entrare. E quindi, che fare? Vado, non vado, vado, non vado, vado…

So che è meglio andare, so che quanto pensato il giorno prima è ancora vero. Allora provo a mettere a fuoco uno dei cassettini della memoria e lo guardo, fisso quel colore. E mi piace, mi riconosco in quel calore, sento il fondamento dei miei pensieri, e allora mi convinco. Deciso: sprezzante dell’ignoto che mi attende parto!

Arrivo in orario - l’autostima aumenta!

Non siamo molti e così, nonostante sia poco che partecipo ai Gruppi, riconosco qualche faccia nuova che vado a salutare.

Dopo un po’ di convivio le conduttrici, Margherita e Roberta, ci riportano all’ordine invitando a sederci.

Ad una prima occhiata vedo che manca qualcuno che pensavo ci fosse. Una breve indagine ed è chiaro che vengono ma sono un po’ in ritardo. Penso allora che sarebbe bello se fossimo tutti sempre in orario, che il G. A. S. è una cosa seria. Ma poi penso che anch’io sono arrivato in ritardo qualche volta, che non sempre si riesce a rispettare i programmi. E forse è bello così perché questa è la vita. Un gruppo di persone che si incontra, ognuno con la sua storia, ognuno con il suo bagaglio di esperienze e di vissuto. Se sono in ritardo sarà accaduto qualcosa e allora sarà anche bello e interessante chiederne le ragioni, conoscerli un po’ di più.

Come tutte le altre volte il clima - per me - migliora con lo scorrere del tempo. E’ come una macchina appena messa in moto: ha bisogno di tempo per scaldarsi, per rendere fluido l’olio, per funzionare per come è stata progettata.

Come ho detto tempo fa entrare in quella stanza è come entrare in una bolla. E dentro alla bolla c’è un’energia che modifica chi vi è immerso. Che tu lo voglia o no, questa è la cosa bella! C’è una sorta di contagio positivo - e liberatorio - a cui non puoi opporti.

Appuntamento dedicato - anche - a presentare il Gruppo alla Salute alle persone che non lo conoscono. Allora le Conduttrici introducono il metodo mostrando l’oramai mitico “Graal alla Salute che con i suoli livelli scandisce la successione delle fasi del gruppo.

Prima di iniziare ci presentiamo, raccontiamo un po’ di noi, e già questo momento non è banale.

Sembra strano ma ricordandolo ora mentre scrivo, il parlare di sé in quel modo non è mica una cosa scontata. E’ una cosa semplice, questo sì, ma non ci siamo più abituati. Sono così rari i momenti in cui possiamo parlare di noi con qualcuno che interessato ci ascolta. 

Così tanta umanità in una cosa così piccola…

Seguendo l’ordine scandito dal Graal iniziamo ad “entrare” dentro di noi. Pensieri antenati, comunicazioni ed immersioni. Questi i primi tre momenti, via via più intensi e profondi.

In ogni incontro succedono un sacco di cose interessanti. Piccole e grandi. In questo due sono stati i momenti che più di altri hanno polarizzato la mia attenzione ed entrambi nascevano da due giovani coppie. Pensando a quanto vissuto immaginavo che avrei raccontato le due storie in modo molto diverso visto che descrivevano situazioni con pochi punti in comune. Ma quando la “penna” è arrivata a questo punto mi accorgo che storie diverse in realtà si riducono a dinamiche molto simili nella loro sostanza.

Non sempre è facile dirsi le cose, affrontare i problemi, trovare tempi e linguaggio idonei a spiegarsi. Loro - usando modalità diverse - ci sono riusciti “navigando a vista” in tutte le difficoltà che la vita di ognuno di noi possiede. Adoperando quella forza straordinaria che ti dà condividere con le persone giuste le tue difficoltà - mentre scrivo mi è venuta l’assonanza “essere nel gruppo è come essere in un Tempio” - si sono raccontati le cose più profonde, più vere. Situazioni molto diverse ma un denominatore comune: l’uomo. L’umanità se ne frega di tutte le distinzioni che noi mettiamo nel nostro vivere sociale. Ci pensiamo diversi per caratteri superficiali - razza, sesso, origine - o per esperienze di vita - tutti i vari casini che ognuno di noi ha vissuto. Ma poi alla fine di fronte al dolore siamo tutti uguali. Tutti con le stesse difficoltà, tutti con gli stessi bisogni.

E’ difficile raccontarsi certe cose. Spesso sono anche le più difficili perché nel farlo ci sentiamo esposti e quindi fragili. Ho sentito e pensato molte cose vivendo questi due momenti. Ma quello che mi è rimasto maggiormente era solo una parola: grazie... di esserci, di credere in quello che stavano facendo, di riconoscere che quel percorso aveva valore ed era condiviso. Di condividere, tra mille difficoltà, valori, obiettivi e progetti, e di farlo perché è una cosa che da senso alla vita.

Perché questo possa accadere e sia utile chiaramente il Gruppo deve essere guidato da persone preparate e con un carattere idoneo. Se parliamo di noi in modo autentico dobbiamo toglierci le briglie del “politicamente corretto”: quando accade usciamo con tutta la nostra forza vitale. Una sorta di istinto di sopravvivenza ci pervade. In un paio di momenti (anche per l’inesperienza) ero un po’ sconcertato da quello che accadeva. Mi sembrava che i toni fossero troppo accesi e istintivamente avrei riportato la tranquillità. Ma alla fine mi sono dovuto ricredere. Il lavoro sicuro e sapiente dei conduttori ha permesso al gruppo di esprimere la sua prerogativa, ha permesso in qualche modo che il prodigio si esprimesse. Ordinare il caos, portare comprensione nell’ incomprensione, creare un ponte tra gli individui usando quella parte che è comune tra tutte le persone. E, facendo questo, liberarci.

Non miracoli, i cammini sono inevitabilmente lunghi e faticosi. Ma sicuramente dei passi in avanti che danno soprattutto fiducia e speranza.

Ad ogni gruppo che faccio ricevo un dono. Le parole non riescono a descrivere quello che si prova a vivere queste esperienze. E’ proprio la vita che si fa davanti ai nostri occhi e noi siamo contemporaneamente spettatori e attori.

Approfitto di questo scritto allora (che non so se mai leggerete) per ringraziare.

Chi trova la forza di condividere, chi esprime la capacità di condurre, chi semplicemente con la sua presenza contribuisce a testimoniare.

A tutti voi il mio sincero grazie,

Flavio

martedì 29 gennaio 2013

Favara (AG), lunedì 28 gennaio 2013. LA SFORTUNA? NON ESISTE SE...


FONDAZIONE NUOVA SPECIE ONLUS
Presidente: Dr. Mariano Loiacono





LA SFORTUNA? NON ESISTE SE...
I. C. S. "Falcone Borsellino"
Favara (AG)
Dirigente:
Dott.ssa Antonietta Morreale 




Quest’anno il professore di Lettere (Angelo Vita) ci ha proposto un  lavoro diverso dal solito: si tratta del Post. Ogni giovedì due della nostra classe vanno in biblioteca, dove viene messo a disposizione anche il computer, per raccontare in forma nuova la lettura del giorno. Io ed Elisa, essendo le prime siamo un po’ tese nel farlo, ma con i consigli appropriati speriamo di riuscirci. Si tratta di un brano dello scrittore Jaroslav Hasek relativo ad un signore che sin dalla nascita gli va tutto storto… visto così il racconto può sembrare semplicemente "brutto". Ma non è stato così dopo il brainstorming.

Il brano parla della scalogna di un uomo che ha inizio dal giorno del suo battesimo. Lui è convinto: non c’è nessun modo di pensare positivo, di cambiare atteggiamento, perché convinto che gli dovessero capitare soltanto cose negative.  Apre da grandicello un bottega per vendere prodotti per donne ed avere un maggior numero possibile di clienti. Fallisce!
Trovatosi in mezzo ad una lite va a finire in carcere per due mesi. Pensava che anche questa fosse sfortuna! Stufo, si trasferisce in un’altra città. Per poter lavorare sfrutta la sua sfortuna per cambiare vita e pensa di aprire un negozio e vendere le bare. Gli sembra un’idea molto buona, perché pensava che era un mestiere che avrebbe fruttato molti soldi. Ma gli abitanti del paese sembravano essere resistenti a tutto e solidi come delle rocce. Un giorno un uomo che stava male la sua famiglia decise di portarlo in un ospedale a Praga, ma Lindger diceva che stava per morire e quindi non c’era bisogno di fare questo lungo viaggio, ma non vollero ascoltarlo e partirono lo stesso. Lui desiderava di poter vendere una bara… Ma a morire fu lui.

Questo uomo pensa di essere nato sfortunato. Quindi è come se esistessero i fortunati a cui tutto va bene e gli sfortunati a cui tutto va male. Invece non è così. Dalla discussione in classe è emerso che il signor Lindger aveva vissuto sin dalla nascita un’esperienza di morte tramandata anche dai suoi genitori ed era necessario che si predisponesse diversamente per cambiare vita. Quando si pensa che le cose vadano male, vanno davvero male, ma se si pensa il contrario vanno sicuramente meglio. Per potere predisporsi positivamente bisogna anche che i genitori cambino e diano ai figli un’educazione positiva liberandoli dal senso di morte. Secondo noi pertanto il signor Lindger poteva pensare positivo sin dall’inizio, invece di pensare solo alle cose negative che gli succedevano…

Alessia S. 
ed
Elisa M.

lunedì 28 gennaio 2013

Ordona (FG), venerdì 25 gennaio 2013. INCONTRO IN UNA TERZA MEDIA DELL'I. C. ALDO MORO DI STORNARELLA (FG).

FONDAZIONE NUOVA SPECIE ONLUS
Presidente: Dr. Mariano Loiacono



 PUNTO D'ASCOLTO,
CERCHIO MAGICO:

nuove prospettive
per liberarci delle regole
che servono solo a sopravvivere
in un mondo privo di opportunità.



Giovedì 24 gennaio 2013 è stata per me una giornata di forti emozioni legate alla sfera strettamente personale e famigliare e in riferimento al  mio impegno nella scuola. Man mano che perdo dei punti di riferimento importanti per me che mi hanno sostenuta finora, si aprono orizzonti nuovi e inaspettati

Credo che sia giunta l’ora di lasciar andare questi vincoli-legami psicotici per godermi lo spettacolo che la vita mi sta offrendo. Spettacolo che non riesco a vedere e godere nella sua pienezza perché ancora faccio fatica a costruirmi un mio utero indipendente dall’esterno.
 
L’autoreferenzialità che la vita vuole donarmi è legata alla meravigliosa dinamica che ho saputo creare sostenuta dall’amore fraterno di Lucia T. e Titta L. in una III della Scuola Secondaria di I Grado (ex Scuola Media) di Stornarella in provincia di Foggia.
 
L’ambiente squallido, inospitale era privo di qualsiasi luce-illuminazione vitale ad eccezione del cielo oscurato dalle nuvole di pioggia e dalle  lampadine  che illuminano le classi.
 
Ci hanno accolto due docenti volenterose e affaticate da una “classe senza prospettive”. Docenti speranzose che in poche battute ci hanno esposto  le “problematiche” presenti tra gli alunni.
 
Alunni adolescenti lasciati a sopravvivere in un ambiente famigliare e sociale per nulla adeguato alla loro crescita e lontano mille miglia dalle loro esigenze vitali.
 
È emersa la presenza di genitori-adolescenti che si adeguano alle esigenze dei loro figli mettendosi alla pari senza aprire prospettive diverse e che limitano il campo esperienziale dei figli con l’uso di frasi fatte e di luoghi comuni.
 
Durante il gruppo è emerso l’impulso sessuale presente negli adolescenti maschi e femmine che è visto dalla cultura contadina ancora come un tabù o come una cosa avulsa dalla personalità-crescita del ragazzo. In pochi minuti siamo riuscite e a frantumare una situazione resa insostenibile dal comportamento “poco corretto” di alcuni alunni. Diventando io stessa “oggetto di desiderio sessuale” l’insormontabile problema si è colorito di tinte grottesche a tal punto che tutti insieme siamo scoppiati in risate autentiche che hanno raggiunto il culmine quando Lucia ha attivato un’altra dinamica grazie alla quale tutte le ragazze sono riuscite ad abbracciare con affetto il “bello della classe”.
 
La teoria di Titta L. ha fatto luce e breccia nel cuore degli adolescenti che hanno potuto gustare un assaggio-bocconcino di vita che può esserci al di là del buio.
 
È stata invitata anche una ragazza di II seguita nel suo percorso dal Punto di Ascolto, ora Cerchio Magico, di Ordona. L’alunna è considerata dai suoi insegnanti elemento di disturbo, ma lì è stato facile comprendere che il suo sintomo è solo espressione di un contesto familiare che la vuole chiudere in regole pensando che esse siano la soluzione giusta per imprigionare con delle catene una personalità molteplice e vitale.
 
Liberiamoci, piccola amica mia, liberiamoci,
le regole servono solo per “sopravvivere”
in un mondo che è privo di opportunità.
 
Sabrina

venerdì 25 gennaio 2013

Esine (BS), mercoledì 19 dicembre 2012. LETTERA DI MASSIMILIANO ALL'ON. NICHI VENDOLA.

FONDAZIONE NUOVA SPECIE ONLUS
Presidente Dr. Mariano Loiacono


  
LETTERA DI MASSIMILIANO
ALL'ON. NICHI VENDOLA



Esine (BS), mercoledì 19 dicembre 2012

Egregio Presidente Vendola,
 

sono uno dei "matti" transitati per il CMS di Foggia diretto dal Dr. Loiacono, e le scrivo perché seguendola come politico so che le sta a cuore il problema della manicomializzazione, come pure il "problema Loiacono".

Sette anni fa cominciai a vedere che stavo male: avevo disturbi dell'alimentazione; poi con l'aggravarsi iniziai a praticare atti di autolesionismo e a fare uso di sostanze stupefacenti.


Le prime terapie psichiatriche tradizionali che mi furono proposte non ebbero grande effetto, e così, in seguito a un episodio psicotico, feci esperienza di un trattamento sanitario obbligatorio; all'epoca ero borsista presso l'Università di Napoli Federico II e dopo pochi giorni che ero stato dimesso discussi lo stato di avanzamento della tesi di dottorato imbottito di farmaci antipsicotici e altre droghe.

Terminata l'università seguirono terapie sempre più pesanti che avevano il solo effetto di farmi dormire di continuo, di farmi aumentare di peso a dismisura, di farmi chiudere sempre più rispetto alle relazioni al punto che evitai a lungo di uscire di casa perché non sapevo se dire buongiorno o buonasera ai passanti.

Due anni fa iniziai a seguire il Metodo alla Salute del Dr. Loiacono, che non prevede l'uso di farmaci,  bensì fornisce all'individuo gli strumenti per lavorare sulle sue relazioni fondamentali

Oggi non assumo più psicofarmaci e mi sento libero dai nodi del passato. Il Metodo alla Salute è diventato per me un percorso di vita, che cerco di portare nel rapporto con la mia compagna, nella mia attività di ricerca, e che sento mi potrà essere di aiuto nel fare da padre alla bambina che aspettiamo.

A mio parere di utente il Metodo di Loiacono è un percorso terapeutico e di crescita frutto di  una base teorica solida e più adulta rispetto al modello della psichiatria tradizionale, ma è anche un cammino impervio per i casi più rischiosi quale io sono stato: le scarse risorse a disposizione del CMS sono spesso già insufficienti per fronteggiare le numerose situazioni gravi che giungono al centro e che comunque hanno diritto al trattamento.

In Italia, ancor più che all'estero, sono poche ed economicamente gravose le alternative a disposizione di coloro che si trovano in condizioni di disagio grave e non si arrendono alla cronicizzazione inflitta dalle cure tradizionali;  l'alternativa di Foggia ha il pregio di articolarsi in una struttura pubblica, di cui possono beneficiare anche i cittadini meno abbienti.
 

Se l'Assessorato alla Sanità non consentirà la continuazione dell'attività del Centro molti utenti non potranno più beneficiare del trattamento. Le chiedo di assumersi la responsabilità di ciò che sta accadendo: lei può evitare che il centro chiuda, e può permettere così a tanti altri come me di andare al di là della loro storia chiusa. 

Massimiliano

giovedì 24 gennaio 2013

Favara (AG), giovedì 17 gennaio 2013. IMMERSIONE NEI SENTIMENTI-EMOZIONI DEGLI ALUNNI. A SCUOLA CON ANGELO.

FONDAZIONE NUOVA SPECIE ONLUS
Presidente: Dr. Mariano Loiacono





IL BASTONE DELLA PIOGGIA
ENTRA IN CLASSE…
ed è subito emozione!





Nella Scuola Secondaria di I Grado “Falcone/Borsellino” di Favara (AG) tra le tante cose che proponiamo abbiamo adottato il BASTONE DELLA PIOGGIA, insieme a musiche new age, per spingere gli alunni a far sentire ciò che provano e non solo ciò che sanno.

La scuola se si apre alla sperimentazione di modalità rispettose dei sentimenti e delle emozioni dei suoi attori ha tanto ancora da dire. Le verifiche classiche date da consegne tematiche legate alle lezioni frontali e alle letture stereotipate dei testi in adozione non rispondono ai percorsi formativi che la società complessa continua ad imporci attraverso i mass/media e l’ipertecnologizzazione a cui vengono abituati i ragazzi che frequentano le nostre aule.

Le notizie che trasbordano dai network ci rappresentano una generazione di pre/e/adolescenti che fanno fatica a passare all’adultità e soprattutto vivono la loro età con grande pressapochismo e difficoltà. Purtuttavia continuano a vedere nella scuola un luogo di formazione a cui prestare tempo ed attenzione non sempre ricambiato. E cosa fare per ricambiare la "fiducia" che ancora mantengono in questa importante istituzione formativa? È necessario, innanzitutto, non deluderli. E per far ciò occorre prendersi cura di ognuno di loro a partire dalla "gestione" di sentimenti ed emozioni sottoposti ad una sorta di marginalizzazione e di schiacciamento da parte di una società patrimoniale che anziché investire sulla maturità dei suoi cittadini scommette, di fatto, sulla dis/maturità ‘utile’ per continuare a dare maggiore peso al "patrimonio (economico)" rispetto alla psyché, all’essere, all’anima, alla iità di questi ragazzi in formazione.

La società patrimoniale, attenta quindi all’economia, non ha alcuna intenzione di puntare sulla costruzione/formazione di una cittadinanza attiva, ma sembra molto più interessata a ‘formare’ – si fa per dire – dei clienti/consumatori ai quali non occorre alcuna istruzione per foraggiare le multinazionali ed i poteri forti di una società ‘denarocentrica’.
La scelta di puntare su modalità di studio, di approccio e di verifica che abbiano al centro le emozioni va pertanto nella direzione opposta rispetto a chi continua a mortificare bisogni inespressi e mortificati di ragazzi allo sbando perché disorientati anche – perché non dirlo – da una politica scolastica di basso profilo.

E nonostante ci si trova ad operare in realtà fatiscenti noi vogliamo giocarcela e vogliamo dire la nostra per ridare fiato e speranza ai nostri alunni che ci chiedono maggiore impegno, serietà e lungimiranza. Ed è per questo che dopo avere proposto agli alunni della 2^ B (secondaria di primo grado) un’immersione con le musiche new age dalle quali si è partiti per fare la prova scritta d’Italiano l’altro giorno ho presentato il bastone della pioggia rivelatosi molto utile per continuare a dare ossigeno all’idea di dare piena cittadinanza alle emozioni profonde ed ataviche dei nostri alunni. Di seguito trascriviamo quanto ha sentito di comunicarci ciascun alunno dopo avere ascoltato per circa un minuto il dolce e ‘uterico’ suono del bastone della pioggia:

Le emozioni provate in una frase:

“Mentre, con gli occhi chiusi, ascoltavo quel rumore, sentivo la pioggia che scendeva e s’infrangeva sulle finestre. Ho provato una sensazione molto piacevole” - Eloisa.

“Ho provato tanta felicità. Il rumore mi ha fatto ricordare la nascita di mia sorella e mi ha fatto piacere sentirlo perché mi ricorda bei momenti” - Giusy.

“Il rumore mi ha portato ad immaginare un serpente nell’atto di mangiare qualche preda” - Alessio.

“Il bastone della pioggia a me ha dato un’emozione sgradevole e non ho immaginato niente in particolare” - Ilenia.

“Io ho ricordato una storia d’amore con una ragazzina della prima classe e mi ha fatto piacere” - Giovanni C.

“Il rumore mi ha fatto immaginare un camion mentre scarica brecciolino… e mi ha fatto piacere ascoltarlo” - Giovanni M.

“Il movimento del bastone della pioggia mi ha fatto immaginare un’estate molto arida… e che finalmente l’arrivo della pioggia ridava forza e vita alla vegetazione” - Calogero M.

“Ho immaginato di essere dietro alla finestra mentre dal cielo scendeva pioggia e grandine ed ho provato una bella sensazione di piacere” - Elisa.

“Ho provato un’emozione molto bella. Sentire la grandine che nel buio della notte cadeva come dei "fiori dal cielo"… mi sono rilassata davvero” - Giusy N.

Io non ho provato alcuna emozione non a causa della musica ma per colpa di alcuni miei compagni che scherzavano anziché ascoltare” - Jasmine.

“Ho sentiti un fruscìo molto piacevole e mi sono rilassata” - Alessia P.

“Ho provato una strana sensazione era come se al posto dell’acqua piovessero tanti pezzettini di vetro” - Carmelo.

“Mi ha ricordato il mare e l’acqua limpida, trasparente e le conchiglie che si ammucchiavano a riva. Per me questo ha significato la trasparenza di una persona che porta fuori tutti i suoi pensieri e stati d’animo” - Miriam.

“Pur non provando emozioni particolari il rumore del bastone in movimento mi è stato molto gradevole” - Alessia S.

“Ho immaginato l’acqua mentre si muove, il vento e schegge di pietrisco colorate” - Erika.

“Il rumore mi ha fatto immaginare un serpente a sonagli nella foresta in cerca di una preda” -
Gabriele.
Col prossimo giovedì un alunno assumerà l’impegno di scrivere il post da pubblicare. La tematica sarà decisa lo stesso giorno e potrà riguardare l’analisi di brani e/o poesie da inquadrare secondo una molteplicità di punti di vista che terranno conto dei vissuti e delle esperienze di ciascuno.

Angelo Vita

mercoledì 23 gennaio 2013

Forlì-Ancona-Bari, martedì 22 gennaio 2013. LETTERA DEL CO.NA.P.I.T. ALL'ON. NICHI VENDOLA.

FONDAZIONE NUOVA SPECIE ONLUS
Presidente Dr. Mariano Loiacono
 
 
 
 LETTERA DEL CO.NA.P.I.T.
ALL'ON. NICHI VENDOLA.
 
 
 
Al Presidente della Regione Puglia
On. Nichi Vendola

e per conoscenza:
All’Assessore Regionale alla Sanità
Dott. Ettore Attolini
All’ Assessore Regionale per le Politiche Giovanili, Cittadinanza Sociale
Dott. Nicola Fratoianni
Al Direttore Generale Azienda OO.RR.- Foggia
Dott. Tommaso Moretti
Al Direttore Generale ASL - FG
Ing. Attilio Manfrini
Al Presidente del Tribunale del Malato di Foggia
Dott. Tonino D’Angelo
Ai presidenti dei gruppi consiliari


Egregio Presidente,

a nome degli iscritti al Comitato Nazionale Persone In Trattamento (CO.NA.P.IT.) La ringraziamo per aver stimolato le procedure inerenti l’avviso pubblico per l’assunzione a tempo determinato del Medico da assegnare al Centro di Medicina Sociale di Foggia.
 
Siamo contenti per l’esito delle prove concorsuali del 14 gennaio 2013, in quanto l’assunzione del Dr. Giovanni Chiariello potrà garantire, anche se solo per un altro anno, la continuità delle attività precedentemente coordinate dal Dr. Mariano Loiacono.
 
Tuttavia, questa nuova assunzione non risolve due annose questioni rimaste ancora aperte.
 
La prima si riferisce alla necessità dell’assunzione di un secondo medico all’interno del Centro di Medicina Sociale di Foggia. La presenza del secondo medico in struttura, oltre che essere prevista dalla pianta organica ed essere già parte della spesa corrente dell’Azienda, si rende altresì necessaria considerando l’enorme aumento di ricoveri regionali ed extraregionali a cui il Centro di Medicina Sociale deve far fronte quotidianamente. Inoltre cosa succederebbe qualora l’unico medico in servizio avesse necessità di assentarsi per malattia, ferie, permessi, o altro? Che si sarà costretti ad interrompere le attività arrecando un enorme danno al percorso dei pazienti i quali necessitano di assistenza costante e continuativa.
 
La seconda questione è invece relativa alle prospettive legate al Metodo alla Salute. Ancora non ci è dato sapere come avete intenzione di procedere circa la specifica ed innovativa metodologia utilizzata. Come più volte detto, ci teniamo a ribadire che il problema non è solo garantire la presenza del MEDICO in struttura ma anche sostenere e far crescere un METODO che da più di 30 anni produce significativi risultati nel campo del disagio psico-sociale, risultati testimoniati dalle numerosissime lettere che Vi sono giunte e dalle migliaia di firme raccolte in tutto il territorio nazionale ed extranazionale.
 
Per l’ennesima volta siamo qui a richiederLe con la massima urgenza un incontro dedicato a cui dovranno essere presenti anche i rappresentanti del Co.Na.P.I.T. e i coordinatori delle Associazioni alla Salute regionali. Se ancora una volta questa nostra richiesta verrà disattesa, nei giorni a seguire saremo costretti a manifestare pubblicamente il nostro dissenso, cercando visibilità nei mass-media che, come noto, sono sempre sensibili a queste problematiche.
 
Cordiali saluti,

In rappresentanza del Co.Na.P.I.T.
Annamaria Coppolillo – Forlì

Raffaele Cimetti – Ancona

Cristiano Ceglie – Bari
 

martedì 22 gennaio 2013

Ordona, giovedì 22 novembre 2012 - lunedì 3 dicembre 2012. ESITI DEL PUNTO DI ASCOLTO ALL'I. C. "Don Bosco" di Ordona.


FONDAZIONE NUOVA SPECIE ONLUS
Presidente Dr. Mariano Loiacono





PUNTO D'ASCOLTO
AD ORDONA.
A SCUOLA
CON SABRINA.




Giovedì 22 novembre nella nostra classe la V B della Scuola Primaria “Pier Giorgio Frassati” di Ordona abbiamo assistito ad un grande cambiamento in un bambino, nostro compagno di classe, che aveva dei problemi: non riusciva e mettersi in relazione con noi. Abbiamo fatto un Punto di Ascolto in classe e, dopo aver ascoltato varie immersioni, ad un certo punto, nel momento in cui una bambina parlava del suo papà e di una “ingiustizia subita”, questo bambino, ha messo fuori tutto il dolore che aveva in sé. Lui piangeva molto però non ci voleva dire il che cosa lo stesse tormentando. Se ne voleva andare fuori dalla classe. (è una cosa che fa spesso e la nostra maestra lo lascia uscire tanto sa che lui, appena qualcuno lo va a richiamare, se ne torna) Questa volta, però, la maestra lo ha bloccato modo che non potesse scappare e, mentre lo bloccava, lui gridava che non poteva parlare perché non si poteva fidare di nessuno. Era la sua grande verità!!! La maestra lo ha stretto forte e a sé fino a quando lui, continuando a piangere, se ne è andato a posto. Ha singhiozzato per una mezzoretta. Poco dopo, però, sembrava un’altra persona. Il giorno dopo è venuto a scuola ed entrato salutando tutti dicendo “Buon Giorno”! cosa che non faceva quasi mai e si è inserito tra i compagni senza problemi. 

Michela M. - IV B  anni 9


Sabato sera siamo andati a casa della maestra Sabrina, volete sapere chi? Io, Michela e Gabriele. Subito ci siamo accorti che non si respirava un clima molto sereno e allora qualcuno ha proposto di fare un “Punto di Ascolto” per capire che cosa era successo. Abbiamo chiamato il marito della maestra Sabrina, Franco, e Michela ha accettato di condurre sotto suggerimento della maestra Sabrina che ha iniziato a piangere. Michela ha fatto parlare prima Franco che ha detto spiegato le cose dal suo punto di vista e poi è intervenuta la nostra maestra dicendo che cosa non le piaceva del marito. Il momento della teoria fatta da Franco è stato importante perché lui ha detto che, come il nostro amico Antonio che era presente perché aveva passato tutto il pomeriggio a casa loro, lui fa molta difficoltà a parlare di sé e delle proprie emozioni. Quando lo fa ne ha paura e gli viene mal di testa perché le emozioni sue non le vive da tanto tempo. Ha parlato di una casetta dove si rifugiava per pensare e di cui ha ancora bisogno. Casetta che tutti dovremmo avere per riflettere e migliora il rapporto con noi stessi. Poi abbiamo stimolato Antonio a parlare ma ha iniziato a sudare e a muoversi in continuazione e a dire che non sapeva che dire. Alla fine ci siamo tutti abbracciati sul pavimento. La maestra Sabrina e Franco si sono baciati e io sono stata felice. La maestra ha detto che rispetterà suo marito quando se ne vuole andare nella sua casetta senza toglierli questa possibilità per le sue urgenze.

Ester P. - IV B anni 9


Ieri 3 dicembre 2012 sono arrivato un po’ in ritardo al Punto di Ascolto e non so che cosa sia successo prima ma, appena arrivato, ho capito che stavano parlando di un mio compagno di classe che fa difficoltà a fidarsi degli altri e a dire i suoi pensieri e le sue emozioni. Gli abbiamo detto che si doveva fidare anche degli altri perché si fida solo un po’ della nostra maestra Sabrina. Dopo c’è stato un altro bambino venuto con la sua mamma che non capiva perché suo figlio si mette le punte delle matite nelle orecchie. Un giorno si è persino messo nelle orecchie un pezzo di sedia, si è fatto così male che le sue orecchie sanguinavano. È seguita una dinamica in cui la nostra maestra sembrava una fatina in mezzo a tanti bimbi. Ha preso un astuccio con tanti colori e ha ripercorso con il bimbo le stesse cose che fa con le punte delle matite. Gli ha fatto persino scegliere il colore preferito! Quando il bimbo ha visto che la nostra maestra-conduttrice faceva sul serio, ha promesso che non lo avrebbe fatto mai più. Ogni giorno viene in classe nostra e contiamo i giorni per avere l’applauso di incoraggiamento e poi quello sonoro. Dopo il Punto di Ascolto si è concluso con la teoria ma io ero stanco e sono uscito a giocare perché c’era “nonna Rosa” che faceva giocare tutti i bambini!

Antonio P. - IV B anni 9


domenica 20 gennaio 2013

Fano (PU), martedì 13 novembre 2012. ARTICOLO SUL CERCHIO MAGICO NELLA SCUOLA DI SANDRA.

FONDAZIONE NUOVA SPECIE ONLUS
Presidente: Dr. Mariano Loiacono




IL "CERCHIO MAGICO:
UNA METODOLOGIA NUOVA
PER UNA SCUOLA
SEMPRE PIU' COMPLESSA.
RACCONTO
DELLA MIA ESPERIENZA.
 



Sono un’Insegnante di Scuola Secondaria di I Grado (ex scuola media) e devo fare i conti con una scuola sempre più complessa e difficile da gestire in quanto, per come è strutturata, non riesce più a svolgere la sua funzione educativa come prima. La scuola si fonda quasi esclusivamente sul codice simbolico-razionale che era più adatto al villaggio-mondo, in cui chi aveva la possibilità di frequentare la scuola aveva l’esigenza di una trasmissione di informazioni e la realtà scolastica veniva molto regolamentata in base a ruoli e a valori culturali ben definiti; mentre nel mondo di oggi la globalizzazione ha fatto saltare gli schemi precedenti e le nuove tecnologie offrono una molteplicità di informazioni, ma non basta più. Oggi serve una metodologia nuova, la scuola deve offrire risposte agli interrogativi posti dai giovani e aiutarli a conoscersi meglio per crescere e affrontare la vita. Gli insegnanti dovrebbero facilitare il venir fuori delle emozioni più profonde dei ragazzi attraverso l’ascolto reciproco all’interno del gruppo-classe e il racconto che non possono essere considerati una perdita di tempo o essere delegati a degli esperti. Incontro spesso le resistenze dei miei colleghi che minimizzano le emozioni provate dai loro alunni non rendendosi conto di quanto possano incidere sull’apprendimento. Invece l’ascolto deve diventare trasversale a tutte le discipline e rimettere al centro del processo educativo  il bambino o l’adolescente.

Nella mia scuola sto cercando di introdurre delle novità a partire da ciò che ho potuto osservare nelle classi in cui mi trovo ad insegnare e che presentano problematiche che non si possono risolvere solo stando seduti dietro ai loro banchi o imponendo delle regole di comportamento da seguire. Sono cose anche importanti ma solo dopo aver dato loro ascolto. Sento i ragazzi assetati di raccontare momenti della loro vita che li hanno fatto soffrire e di cui spesso si vergognano o si sentono in colpa. Mancano ambienti in cui loro possano sentirsi accolti, ascoltati senza sentirsi giudicati o presi in giro dagli altri, in cui si sentano liberi. Questo è ciò che sto cercando di costruire  in alcuni momenti della settimana all’interno delle mie classi e che chiamiamo il Cerchio magico

Pochi giorni fa abbiamo svolto un Cerchio magico, i ragazzi si sono seduti in cerchio e siamo partiti da un pensiero sul silenzio, sulla difficoltà e sulla paura che abbiamo di vivere il silenzio e quanto invece è importante per ricontattarci con noi stessi. Ho chiesto loro di cercare di concentrarsi su di sé e non farsi distrarre dagli altri. Abbiamo commentato insieme il valore del cerchio e nella disposizione delle sedie hanno colto l’unione, la pace, l’amicizia ma poi come spesso accade, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare e alcuni di loro hanno cominciato a litigare e a prendersi in giro. Siamo partiti dalla conflittualità, dall’aggressività e dalla rabbia che vedevo in alcuni di loro, ma specie in un ragazzino della classe. Ho sentito forte la sua rabbia profonda che andava oltre le prese in giro e che voleva esplodere. Mi sono avvicinata a lui e gli ho preso le mani dicendogli che era pieno di rabbia poi ho cercato di rompere la sua corazza perché avvertivo che lui era molto deluso dalle figure adulte e che sfogava la sua rabbia verso se stesso e verso gli altri. Non mi sono fermata perché sentivo che lui aveva bisogno di liberarsi dalla rabbia ma anche dal dolore provocato dalla delusione di desideri non soddisfatti. Lui aveva gli occhi lucidi e ho proseguito. Mi sentivo spinta dalla mia parte femminile che voleva accogliere un bambino che stava già rinunciando a fidarsi degli adulti, che si è chiuso nel virtuale dei videogiochi e che vuole farcela da solo, mettendo tra sé e gli altri un muro di cemento. Il suono della campanella ha interrotto la dinamica che stava avvenendo, lunedì pioveva e i ragazzi hanno fatto l’intervallo in classe ma ho colto l’occasione per parlare a tu per tu con Giovanni per fargli capire la mia vicinanza alla sua sofferenza e raccontargli anche alcune esperienze della mia vita che mi avevano fatto sentire come lui, sola, ma avevo avuto la fortuna che qualcuno avesse visto il mio star male e mi avesse aiutato. Ho chiesto a Giovanni se riconosceva alcune delle cose che gli dicevo e lui ha detto che per lui era tutto chiaro. Ha iniziato a dirmi che non si poteva fidare di nessuno e che tutti lo pugnalavano alle spalle. Lo sentivo un po’ smarrito, come se all’improvviso si fosse fermato tutto intorno a lui. Giovanni è un ragazzino che mi ha sempre colpito perché anche sulla sedia non stava mai fermo, era sempre in fermento e ora lo vedevo immobile, concentrato su di sé e sulle cose che ci stavamo scambiando. Il mio intervento era andato in profondità e sentivo che le cose non potevano rimanere appese, allora ho chiesto di poter rimanere un’altra ora in classe per concludere il nostro Cerchio magico. Alla ripresa ho cercato di raccogliere le cose che erano emerse durante l’ora precedente e che gli alunni avevano vissuto insieme a noi, ma di cui non avevano ben capito il valore, specie una ragazzina che provava rabbia nei confronti di Giovanni e non capiva perché gli stessimo dedicando così tanto tempo, in fondo non era l’unico a soffrire e ad aver vissuto delusioni… insomma si facevano la guerra dei poveri che avrebbero tutti molto da raccontare e tendono a minimizzare i problemi degli altri. Prima di farli riflettere sul senso delle cose che stavano avvenendo abbiamo lavorato un po’ sul respiro che spesso dimentichiamo ma che è la prima cosa che abbiamo fatto quando siamo nati. Poi ho cercato di ripercorrere i passaggi che c’erano stati, facendo teoria. Ho dato valore a Giovanni dicendo che le cose che gli avevo detto potevano riconoscersele tutti e che ognuno avrebbe avuto il suo momento. Per me era importante aiutare la classe a fare un salto, accompagnarli a decidere se vogliono diventare un gruppo. Ho chiesto a quelli che sentivo più pronti se volevano ascoltare Giovanni e incoraggiarlo ad alleggerirsi. Li ho coinvolti direttamente e più di metà classe ha alzato la mano per confermare che volevano che lui si aprisse e raccontasse. Ho spinto Giovanni a vederlo come un inizio di conoscenza tra di loro e che l’armonia all’interno del gruppo è un punto di arrivo. Ho detto ai ragazzi che dovevano cercare di ascoltare con il cuore, non con le orecchie. Mi sono seduta affianco a lui e mi sono avvicinata con il corpo perché sentivo che stavamo assistendo alle ultime resistenze di Giovanni, ha detto che aveva giurato a se stesso di non dire niente e lo avevo giurato anche alla madre. Giovanni si stava sacrificando per la madre e si teneva questo peso, “questo elefante nella pancia” e questo sacrificio si stava trasformando in rabbia e voglia di distruggere gli altri. “Metto una bomba e vi faccio esplodere tutti”, queste sono state le sue parole all’inizio del Cerchio magico. Il suo sguardo si è fissato nel mio e non lo ha lasciato più. Era un primo segnale che lui volesse essere aiutato e che si iniziava a fidare di me. Ho incoraggiato Giovanni a procedere e ho ribadito che questo Cerchio magico era dedicato a lui perché tenevo alla sua vita. Vedevo che lui aveva desiderio di piangere ma ne aveva anche tanta paura, anche per la paura del giudizio dei suoi compagni che non si sono mostrati da subito sensibili e non rappresentavano già una situazione “uterina”. Ad un certo punto Giovanni mi ha chiesto di andare in bagno per sciacquarsi il viso, e prima di lasciarlo andare gli ho detto che poteva piangere e che forse era meglio rimanere in questa situazione che lo scomodava senza scappare. Lui è uscito ed è tornato immediatamente. Aveva il viso bagnato e gli occhi profondi sempre nei miei. E ha iniziato ad esprimere la sua delusione rispetto ad una maestra della scuola primaria di cui lui aveva letto la tristezza negli occhi e che aveva una figlia che stava male e aveva una malattia rara. Ha raccontato che la maestra sfogava la sua rabbia su di lui, umiliandolo, dicendo che lui non avrebbe mai fatto niente di buono nella vita e incolpandolo addirittura di fare del male alla figlia. E’ stato poi seguito da una persona per verificare se non gli avesse provocato dei problemi. Ha provato tanto risentimento e un profondo senso di ingiustizia verso gli adulti nei confronti degli altri bambini che subivano dalla maestra. Intanto mentre parlavano alcuni ragazzi si erano avvicinati  sedendosi per terra per ascoltarlo meglio. Ho chiesto loro se volevano intervenire e aggiungere qualcosa e Federico ha raccontato che anche lui si è spesso sentito preso in giro alle elementari, veniva considerato uno “sfigato” e si sentiva molto triste. Gli ho detto che lo era ancora, che glielo si leggeva negli occhi poi ha detto che la mamma aveva avuto problemi di salute ed era triste perché aveva paura che lei potesse morire. Ho incoraggiato Giovanni ad avvicinarsi a Federico e a mettergli la mano sulla spalla diventando a sua volta la persona che accoglie e aiuta, invertendo i ruoli. Giovanni ha riconosciuto la tristezza di Federico e ha capito che non è solo. Ho cercato di creare un legame tra di loro a partire da quel fondo comune. Poi è intervenuto un altro compagno, Marco,  che anche lui si è sentito preso in giro a scuola e è stato male e si rivede in Giovanni ma che ora ha trovato la soluzione della distanza, del distacco, come se gli scivolasse tutto addosso. Ho raccolto queste diverse soluzioni al dolore sottolineando il fatto che lui stava peggio di Giovanni perché non esprime neanche più la rabbia ma ha preferito razionalizzare il dolore, anche se ancora c’è. Il tempo stava per scadere e ho dovuto avviarmi alle conclusioni nonostante altre persone avessero voluto raccontarsi ma il materiale emerso era già tanto.

Ho concluso rivolgendomi a Giovanni e ringraziandolo per il suo coraggio nell’aver raccontato e permesso ad altri di esprimere le proprie delusioni. Gli ho consigliato di raccontare tutto alla mamma e che l’avrei poi contattato per dare un segnale di cambiamento vero, non legato ad un evento lasciato a sé. Per finire ho chiesto a Giovanni se potevo abbracciarlo e lui ha accettato. E’ stato per me un gesto importante, come un patto che ci univa.

Quando l’ho rivisto due giorni dopo, gli ho chiesto come stava e lui mi ha risposto “molto meglio e più felice”. Ha parlato con la mamma  che dovrò incontrare nei prossimi giorni. 

Credo sia stato importante che lui abbia potuto raccontare una delusione che lo ha profondamente segnato e che si è verificata a scuola e che questo racconto lo abbia raccolto un’altra insegnante che lo ha liberato e ridato la speranza che dopo una delusione si può ripartire e si può tornare a fidarsi degli adulti e a sognare. Questo mi spinge sempre di più a credere che la scuola abbia bisogno di momenti come questi in cui i ragazzi possano sentirsi uguali nella diversità e vengano accompagnati a superare le loro delusioni e il loro dolore e a ritrovare la speranza nel mondo che li circonda.

Concludo che ritengo importante condividere queste pagine del mio diario di bordo in cui parlo della scuola perché è necessario confrontarsi per costruire insieme una nuova modalità di fare scuola e di viverla. Vorrei, insieme ad altri insegnanti che come me hanno acquisito strumenti innovativi grazie al Metodo alla Salute, fare ricerca e mettere a punto una teoria più globale sulla scuola come luogo di crescita
 
Sandra Recchia

Etiopia - Haro Waato, martedì 25 dicembre 2012 / sabato 5 gennaio 2013. GESU' BAMBINA... E' NATA IN MACCHINA, POCO DOPO GADIO, LA NOTTE DI NATALE. Articolo di Guarracha Eliseo Citton.

Gurracha Eliseo Citton
Missionario Comboniano 





GESU' BAMBINA
… E' NATA IN MACCHINA, POCO DOPO GADIO, LA NOTTE DI NATALE


Etiopia - Haro Waato,
martedì 25 dicembre 2012
sabato 5 gennaio 2013.

Auguri di buon battesimo…
nel Natale della Vita





In Etiopia il Natale si celebra il 7 gennaio di ogni anno, ossia il 29 di Tahisas, quarto mese dell’anno del calendario etiopico. Per la Chiesa cattolica etiopica il 25 dicembre 2012 è un martedì feriale della seconda settimana di Avvento.

La sera del 24 dicembre, dopo la celebrazione vespertina della Messa avevo detto a Suor Gemma che se per caso nella notte ci fosse stata una emergenza parto, io ero disponibile a farle da autista. In questo modo, da Dilla (dove c’è l’ospedale), avrei approfittato per spedire tutte le mie email di auguri proprio la notte di Natale; visto che in questa cittadina a circa 80 km da Haro Waato c’è la possibilità di usufruire di internet. Dopo cena stanco del lavoro della giornata (taglio di piante di eucalipto con la motosega per rifornire padri e suore di legna per la stufa), sono andato subito a letto.
 
Appena coricato è arrivata Suor Gemma a dirmi che c’è una donna che bisogna portare a Dilla perché è in travaglio dalla sera del giorno precedente e il bambino non nasce. Mi rivesto subito e mi preparo alla partenza. L’ambulanza in dotazione alla clinica è dal meccanico da più di una settimana perché si è rotto il cambio; bisogna utilizzare la Toyota ⑤ 01512AA 4WD della comunità delle suore, che però non ha la ruota di scorta: bucata proprio il giorno prima, la suora non ha potuto farla riparare perché è mancata l’elettricità per tutta la giornata. Non è prudente mettersi per strada in quelle condizioni, perciò decido di prendere la ruota di scorta del nostro Pick-up che è compatibile con la Toyota delle suore. Suor Gemma fa sedere nel bagagliaio posteriore, dietro i sedili, proprio sopra la ruota di scorta, Abrami - fratello maggiore del marito - con in braccio la giovane in travaglio (Hanna); salgono in macchina anche Burtukan (suocera della partoriente), il marito (Petrosi figlio di Beqqele) e un cugino (Nuguse figlio di Beyyene). Alle 21:30 siamo già per strada, diretti a Dilla. Dopo una ventina di chilometri, non molto dopo il villaggio di Gadio, prima di Haro Harru, al crescere dei lamenti della donna accosto per permettere a Gemma di controllare la situazione; mentre accosto, la donna comincia a gridare. Una grande luna piena colora di luce il buio della notte: la creatura sta per nascere… ha già la testa fuori. Suocera e cugino vengono fatti scendere immediatamente per lasciare spazio. La partoriente seduta sulla ruota, in braccio ad Abrami e con a fianco il marito, grida e si lamenta. Gemma un po’ per la fretta, un po’ per la stanchezza e un po’ per chissà quale altra misteriosa ragione si è portata soltanto un paio di guanti. Adesso capisco meglio il senso del suo categorico rifiuto, quando siamo partiti, di far sdraiare la partoriente nel più comodo “sedile interno” alla macchina. Ora la posizione nella macchina non è certo delle migliori e lo spazio è piuttosto scomodo, ma il bagagliaio posteriore della Toyota con la ruota di scorta si dimostra comunque molto più adatto alla situazione del soffice (ma sicuramente fatale) sedile interno in cui sarebbe stato invece impossibile “manovrare” il parto. Suor Gemma è preoccupata: la creatura ha due giri di cordone ombelicale intorno al collo che complicano le cose. Bisogna far presto. Con una mano io tengo la pila, con l’altra le rimbocco le maniche cercando di dare il mio piccolo aiuto a quella Vita nascente. Suor Gemma “manovra” con saggia destrezza e grande esperienza e in pochi istanti ha già in mano una nuova Vita: è una bambina… una piccola “Gesù bambina”. La neonata è in forte sofferenza fetale… subito, Gemma, la prende per le gambe e a testa in giù la scuote animatamente con piccoli colpi sulla schiena, poi la adagia sopra un indumento sulla ruota di scorta e prendendo tra le sue grandi mani le due piccole braccia della neonata, le fa energici esercizi di rianimazione… la piccola comincia a respirare, è viva, ce l’ha fatta; è vestita soltanto del chiarore della luna che la avvolge col suo tenue manto… ora bisogna liberarla dal cordone ombelicale! Non abbiamo strumenti né per legarlo né per tagliare. La suocera si trappa dei fili da un suo indumento e li porge alla suora che li utilizza per legare in due punti il cordone. Gemma mi chiede di vedere se nella “tasca” anteriore della macchina c’è qualche strumento …  non c’è proprio niente! Non si sa cosa fare per tagliare il cordone. A Nuguse viene la buona idea di strappare da una vicina siepe una piccola stecca di bambù sufficientemente tagliente … e mettere in mano a suor Gemma lo strumento che le serve. Lei con una mano io con l’altra teniamo ben teso il cordone: in pochi secondi con un taglio un po’ grezzo tra i due punti legati, la bambina viene liberata da quel suo primo legame vitale. Nuovamente Gemma ripete le energiche manovre di rianimazione… questa volta la piccina apre gli occhi,  non piange ma mi sembra arrabbiata, si sente che respira… si vede che è presente. La neonata viene consegnata immediatamente alla nonna che la riceve e se la infagotta con grande devozione. Mentre Burtukan se la avvolge nei suoi panni e fa un umile fagotto di quel piccolo fragileprezioso tesoro; Gemma torna alla donna per liberare anche lei da ciò che rimane di quei nove mesi di creazione e grande lavoro. È di nuovo silenzio, un lungo istante di silenzio… che viene rotto da ripetuti trilli di gioia solo nel momento in cui suor Gemma riesce a liberare la neomamma dalla placenta. È in questo momento che i trilli di tutti i presenti aumentano: sono la celebrazione della avvenuta “liberazione” e l’inizio di una vera e propria festa! Nuguse, che poco prima con determinazione aveva procurato il rudimentale “coltello” di bambù; ora, tentennante, prende la placenta dalle mani di suor Gemma per gettarla nella foresta (secondo l’antica tradizione di varie etnie etiopiche la placenta veniva seppellita nella capanna); poi torna con delle foglie di sarajji, un albero a fusto medio grande con foglie odorose, con le quali entrambi ci puliamo le mani dal sangue. Mentre mi pulisco le mani, la Provvidenza mi regala la visione di un miracolo rarissimo: il marito, ora anche lui seduto sulla ruota di scorta, amorevolmente avvicina alla sua guancia, la guancia della sua giovane sposa… con quell’affetto e tenerezza che devono aver presenziato alla creazione del mondo. In tutti questi anni di Etiopia è la mia prima volta che vedo un uomo “abbandonarsi” a questo tenero gesto.
 
Il fatto che al parto abbiano assistito più uomini che donne, io l’ho letto come un emblematico “segno dei tempi”, specialmente in queste culture che considerano tabù la presenza di uomini a questo momento importante della Vita… anche se poi con la nascita della piccina, la Vita ci ha subito tenuto a segnare il goal del quattro a quattro, ripristinando così l’equilibrio vitale!
 
In profondità, queste culture originarie hanno comunque preservato il senso della sacralità delle “Dinamiche di Vita e una chiara percezione della loro “distinzione” (femminile-maschile)! Il momento del parto è infatti percepito e vissuto come una dinamica totalmente femminile (gli uomini si tengono - si devono tenere - a distanza); mentre quello della sepoltura è percepito e vissuto come una dinamica totalmente maschile! E questo tra i Guji è chiarissimo: nei funerali le donne si tengono a debita distanza dalla fossa! “Hosemoti”, “non è buono”, dicono! “Seeramoti”, “non è regola” che la donna - il femminile - si avvicini alla fossa in cui viene deposto il cadavere! E dalla nascita alla morte si possono riconoscere tutta una serie di funzioni vitali organizzate con i parametri di questa dinamica fondamentale femminile-maschile.
 
La nascita in macchina di questa Gesù bambina mi ha illuminato sul bisogno odierno di imparare ad armonizzare l’ordine e le gerarchie mentali con l’ordine e la gerarchia della Provvidenza! La nascita “fuori luogo” di questa bambina l’ho vissuta come una accorata preghiera, come un “richiamo” dello Spirito a “risintonizzare la organizzazione delle regole umane” alla luce delle esigenze vitali. Ho “imparato” sul campo che esigenze ideologiche, politiche, religiose o culturali non dovrebbero mai usurpare la primogenitura che spetta alle esigenze vitali! I primi devono farsi ultimi perché gli ultimi diventino primi (vivano e crescano)! Le esigenze “complesse” sono a servizio delle esigenze vitali: le devono servire e non da esse farsi servire! 

Dentro di me ho sentito un’esplosione di gratitudine per la Provvidenza: la bimba e la sua mamma sono vive! La Vita ha vinto!
 
Dentro di me anch’io, come Hanna, ho gridato… ho pregato per la gerarchia a cui appartengo. Ho invocato la Provvidenza affinché ci lasciamo battezzare dalle esigenze vitali, per consentire alla “buona notizia” di quel “Gesù bambino” in cui crediamo, di tornare a risplendere oggi: permettendo alle regole vitali, alle regole della Provvidenza, di “dare Vita nuova” a tutte le nostre regole e gerarchie!
 
A questo punto la destinazione Dilla con tutte le email da spedire salta, la Provvidenza ha cambiato i programmi! Addio auguri di Natale! Giro la macchina … si torna ad Haro Waato!
 
Mi è impossibile raccontare la gioia di questi “viandanti nella notte”: la festa di questi “pastori” durante tutto il tragitto di ritorno inonda il cuore e rianima le viscere. Non ci sono parole per descrivere questi tre uomini e la nonna che con canti e trilli non cessano di festeggiare battendo le mani e lodando Iddio per la nuova Vita e lo scampato pericolo. E anch’io col clacson della Toyota aggiungo una mono nota, anche se un po’ stonata, alla loro santa melodia. Arrivati ad Haro Waato, non vengono neppure in clinica, scendono riconoscenti dal nostro asinello a quattro ruote, anzi cinque con quella di scorta, che ha permesso loro di vedere la Vita “nascere” e di portarsela a casa “viva”!
 
Quando arriviamo a casa, in un altro mondo è l’ora in cui si sta celebrando la messa di mezzanotte. È notte fonda… mentre vado a letto una miriade di sentimenti, che la mente non riesce a contare, traboccano dal mio cuore e nelle mie viscere! Si muovono, corrono, si fermano, si abbracciano e danzano insieme la Vita! Fanno festa per Gesù bambina: anche questa volta ce l’ha fatta a venire al mondo! Anche questa volta ha voluto “nascere in viaggio!
 
Nei giorni successivi per ben tre volte sono stato costretto a rimandare il proposito di andare a visitare la piccina e la sua mamma che vivono proprio ad Haro Waato non molto lontano dalla missione. Quando il pomeriggio di sabato 5 gennaio 2013 sono riuscito a mettere in atto l’intento, per un altro misterioso intreccio della Provvidenza sono capitato nella loro casa assieme a Matteo Fabia e Andrea, tre amici italiani di Annette (infermiera filippina nella nostra clinica di Haro Waato), proprio nel pomeriggio del giorno in cui alla bambina doveva venire assegnato il nome. Da parte di padre, la famiglia appartiene al gruppo etnico dei Gedeo-Gobeyya, mentre la giovanissima mamma è una ragazza di origini Wolayta. Ho portato con me una piccola medaglia della madonna per regalarla alla bimba; ma sapendo che tutta la famiglia appartiene alla chiesa cristiana Qaliwot ho prima verificato se l’avessero gradita o se si sentivano offesi. Quando le viscere mi hanno dato il via libera, l’ho consegnata alla neomamma spiegandole la ragione intima di quel dono e dicendole che il nome di Maria in ebraico si pronuncia Miriam. A quel punto, il nonno paterno (Beqqele figlio di Dharro), che si stava orientando per chiamarla Bereketi (benedizione), ha preso al volo la mia spiegazione … e “Miriam” è diventato il nome scelto per la piccola. La giovane donna-mamma: Hanna, figlia di Magujje figlio di Fakko figlio di Tammu; tace, ascolta, sorride e partecipa… in silenzio… custodendo nel suo cuore tutte queste cose.

Gurracha Eliseo Citton