mercoledì 30 settembre 2015

Pedaso (FM), lunedì 28 settembre 2015. VI° PROGETTO "LA FINESTRA DI BABICH".QUARTO GIORNO.

FONDAZIONE NUOVA SPECIE ONLUS
Registro Persone giuridiche n. 429
Prefettura di Foggia







VI° PROGETTO
"LA FINESTRA DI BABICH.
 DALLA MISERIA ALLA GRANDEZZA: 
LA TENEREZZA DELLE TENEBRE".
                     QUARTO GIORNO.



La musica di Amelie a seguire il carillon introducono l’ascolto dello stato quiete d’inizio giornata. 

Il primo che inizia è il più solidale e allora Paola fa la sua comunicazione dicendoci di sentirsi meglio rispetto al malessere che la pervade quando rallenta i ritmi del suo quotidiano. 

 L’inattività di Donatella le fa emergere un disagio che la porta a chiedere di mettere un brano di “Pizzica” dopo l’ascolto del carillon, questo mettendo in risalto la difficoltà di stare nel contesto uterino che fino a quel momento non eravamo state in grado di creare. 


Spesso mettiamo il movimento come barriera/distanza tra noi e l’esterno e noi e le nostre emozioni; la pioggia di stamattina bloccandoci nella possibilità di uscire, ha innescato un’altra situazione povera, spostando il movimento dall’analogico -corporeo al simbolico.
Siamo arrivate qua "sporcate" di  obbligo/dovere; spesso una soluzione per confermarci all’esterno, che ovatta al punto tale che anche in una convivenza intensiva,  è da ostacolo nel predisporci alla relazione con le altre, nel gruppo, a partire dalle nostre emozioni. 

Silvia, avendo fortemente subito questa menomazione nella famiglia d’origine, svelando il suo vissuto emotivo nel gruppo, induce una forte dilatazione che crea delle immersioni a catena.

Risuonano i vissuti tra le varie storie facendo emergere come il non svelarsi nelle emozioni e il decidere arbitrariamente di vietarsi l’amore siano meccanismi di protezione per la paura di soffrire. Ora l’utero è più raccolto e può accogliere la parte "anticamente abile" di Milena. 


Un taglio fisico l’ha spinta a trovare specchi riconoscenti nel simbolico attraverso lo studio, per proteggere un analogico ferito. 
Sceglie di svelarci questo taglio fisico spinta dal bisogno di potersi sentire intera, decidendo di non nascondersi più con mille strategie che oggi riesce a sentire non servirle più per proseguire il suo viaggio

Ciò che oggi insieme riusciamo a benedire ci può permettere di ricongiungerci con le nostre parti tagliate e a riprendere la navigazione in mare aperto... e questo significa per ognuna di noi di dover attraversare anche le nostre tempeste

Maschere e Sangue -Michela Garbati.

In seguito ad un forte negativo, spinte dal senso di colpa, ci siamo attivate un’intera vita a coprire quello che per noi è stato un taglio limitante, sentendocene responsabili pur non essendolo. 
Ora è tempo di consolarci per le cose che non siamo riuscite a perdonarci, per non continuare ad ingannarci.

Nel pomeriggio è stato importante riprendere con la teoria il vissuto delle dinamiche avvenute la mattina. 
Utilizzando come griglie di lettura due quadri di Michela Garbati, “Maschera e sangue” e “La croce laica” abbiamo potuto dare forma al passaggio, possibile per ognuna di noi, dalla miseria delle menomazioni alla grandezza delle emozioni, che sono le sole che dal confine del nostro calice amaro ci consegnano alla soglia di un noi inedito, che esprime la grandezza metastorica di una gravidanza universale e molteplice.

La croce laica -Michela Garbati.

Eccovi il racconto di cosa può produrre un utero devoto anche in una giornata uggiosa.
Milena, Silvia, Graziana 
Mila

martedì 29 settembre 2015

Pedaso (FM), domenica 27 settembre 2015.VI°PROGETTO "LA FINESTRA DI BABICH".TERZO GIORNO.





FONDAZIONE NUOVA SPECIE ONLUS
Registro Persone giuridiche n. 429
Prefettura di Foggia










VI° PROGETTO
"LA FINESTRA DI BABICH.
 DALLA MISERIA ALLA GRANDEZZA: 
LA TENEREZZA DELLE TENEBRE".
                     TERZO GIORNO.



Come nei giorni precedenti, alle 7 di mattina, un gruppetto sparuto dei più iperattivi, spinti dal bisogno di contattare l’antenato mare, si è recato verso la spiaggia di Pedaso… ben attenti a rispettare le regole proposte dal coordinamento: rientrare entro le 9,30 e ripartire con il programma della giornata dopo la colazione.



La giornata inizia tutti insieme con un risveglio muscolare proposto da Donatella con una passeggiata nel giardino per terminare nella pinetina, dove dopo qualche esercizio di stretching Donatella ci ha invitato a contattare la “Grande Madre Terra” ed a nutrirci della sua energia, pancia nuda a terra attraverso un simbolico cordone ombelicale. 

Tornati dentro la casa abbiamo dapprima ascoltato la canzone “Senza paura” di Ornella Vanoni, scelta per il progetto, successivamente si è passato all’ascolto dello stato quiete di ognuna delle partecipanti.


Ma non si è trattato soltanto di stato quiete: pur avendo programmato di effettuare una sessione di “SPA  e massaggi” ci siamo lasciati trasportare del flusso della vita che ci ha portato verso altri lidi; così Barbara ha utilizzato il suo buon femminile per dissotterrare dinamiche velate ma di fatto esistenti tra due componenti del gruppo, che hanno poi dato luogo a molti altri interventi con successivi spunti di teoria sui meccanismi dei rapporti genitori-figli…chi si sentiva figlio…e chi genitore…

Altro spazio è stato dato a Mafalda, che partendo dallo stato quiete ha dato luogo ad un lungo e profondo racconto toccando un po’ tutti gli aspetti del vissuto dei suoi ultimi 30 anni…


Così ormai giunta l’ora di pranzo, accolte da un caldo sole, abbiamo deciso di pranzare all’aperto e di sdraiarci e continuare a raccontarci poi nel giardino in fase di relax.


Ripresi i lavori nel pomeriggio, completiamo lo stato quiete delle ultime persone, comprese le conduttrici e come da programma, terminiamo alle ore 18 per dare spazio ad un’inedita sessione notturna proprio per poterci sperimentare nella dolcezza delle tenebre: infatti è in programma per questa notte una veglia al chiaro di luna ed al tepore di un falò che accenderemo nel giardino.

PS: Durante la cena, la pioggia ha cambiato i nostri programmi e ha rimandato al kairòs (tempo favorevole) il nostro stare insieme nelle tenebre, optando quindi alla visione di un film.


Donatella, Paola, Mila

Pedaso (FM), sabato 26 settembre 2015.VI° PROGETTO "LA FINESTRA DI BABICH".SECONDO GIORNO.





FONDAZIONE NUOVA SPECIE ONLUS
Registro Persone giuridiche n. 429
Prefettura di Foggia





VI° PROGETTO
"LA FINESTRA DI BABICH.

 DALLA MISERIA ALLA GRANDEZZA: 
LA TENEREZZA DELLE TENEBRE".
SECONDO GIORNO.



Iniziamo presto… un gruppo di audaci mattiniere, gambe in spalla, decide di incontrare questa nuova    giornata al sorgere del sole, lo sguardo all’orizzonte e i piedi in marcia ed ecco il sole spuntare dal mare, “L’alba è già qua”. Ci accompagna il profumo della natura, che qui rigogliosa si affaccia sul mare. 


Tanta la varietà di fiori e foglie! Mafalda li raccoglie in un bouquet e prima di cena ce ne fa dono, emozionata e in punta di piedi. E’ un pensiero per tutte noi ma anche per lei che così può esprimere la sua grandezza in maniera creativa, grandezza di cui spesso perdiamo traccia impegnate come siamo a vomitare, come un fiume in piena, il negativo che nelle nostre storie abbiamo attraversato, subito, generato. 

Uno spirito creatore è anche questo, saper generare vita, novità, bellezza laddove la nostra storia e la rabbia, il dolore e la diffidenza che ne derivano ci vorrebbero conclusi e arenati nella morte, nel già conosciuto, nella brutta copia ridicolizzata di noi stesse. 
 
E’ ora di iniziare le attività, ma quando ci raccogliamo nel cerchio i tanti bisogni emergono diversi e in direzioni opposte. Come frecce impazzite ognuna tira verso la sua direzione ma il gruppo non è questo, per procedere nel fare gruppo e viaggiare, anche in questo Progetto, occorre smussarci e farci da freccia… treccia. 

L’angolo alfa, una pennellata di sano maschile ci viene in aiuto facendoci riconoscere i nostri spigoli e invitandoci a sciogliere le nostre rigidità anche fidandoci. Come un argine permette all’acqua dirompente di scorrere, acqua che altrimenti, lasciata senza un confine, strariperebbe facendo prevalere il suo potere distruttivo anziché la sua capacità di plasmare, scavare, bagnare, rendere fertile. 


Ogni punto di vista, ogni bisogno, ogni istanza, ogni stato quiete, seppur importante per noi, va inserito nello stato quiete del gruppo tutto che racchiude lo stato quiete di tutte noi. 

Questo caos ci spinge a procedere raccontando ognuna il proprio stato quiete. I racconti fanno eco nelle pance di noi compagne di viaggio, i racconti risuonano e si moltiplicano facendo emergere un ampio fondo comune.

 
Alcune di noi esplorano il pozzo delle proprie miserie, miserie e macerie lasciate dall’incontro senza scambio profondo con l’altro sesso. 
Figure maschili che hanno lasciato il segno in ognuna di loro. Padri e nonni da cui il nostro corpo di bambine si è sentito invaso o ancora bambine non accolte e non visitate ma aggredite fisicamente.
 Bambine che gridano un’infanzia in cui non hanno potuto essere figlie ma, come collante o cuscinetto per relazioni di coppia sfilacciate o inesistenti, sono state richiamate a ruoli di responsabilità, a madri e mogli di padri bambini o fratelli orfani.

Chi avrebbe dovuto proteggerci, visitarci, accompagnarci ci ha tradito facendoci perdere la fiducia… in noi stessi, negli altri, nella vita.
E’ ora di pranzo e anche se i nostri pancini sono sazi di emozioni la cucina ci aspetta profumata di menta e basilico. 


Grazie a Barbara il pomeriggio inizia con melodie e danze popolari balcaniche, i nostri piedi si muovono sul prato. L’analogico si ricarica e il movimento ci predispone a riprendere alleggerite.                                              
E’ ora di tessere insieme la teoria sul fenomeno vivo e le immersioni della mattina.
Seppure cariche, le difficoltà a passare dal fenomeno vivo alla teoria si fanno subito sentire; pur avendo due unità didattiche da applicare come griglie di lettura alle immersioni del mattino, Piramide e Graal, fatichiamo a ripartire. 

Riconoscere la nostra parte saggia, riscoprire il nostro albero della conoscenza, la nostra capacità di conoscere la realtà per trasformarla in qualche modo vuol dire tradire le nostre parti infantili e abbandonare la logica degli opposti in cui se sono figlia non posso essere anche e nello stesso tempo madre per altre parti, quella logica in cui dove c’è tenebra c’è solo tenebra e mi nego di vedere anche ciò che già posso vedere o che mi sta portando alla luce.
L’Home Life, illustrataci da Barbara, ci dà occasione per riconoscere le nostre case interiori…

Home Life
 
A fine serata la conclusione delle nostre conduttrici…
Per Giovanna bisogna ripartire dal rapporto con noi stessi che si costruisce ribaltando tutto quello che la religione ci ha trasmesso: gli obblighi – doveri, di ciò che è giusto o non giusto fare di come bisogna essere: umili, svalutate per essere considerate buone madri, mogli, figlie. 
E per costruire il rapporto con noi stesse bisogna imparare ad affidarsi alla vita. Bisogna partire dal rapporto con noi stessi per poi arrivare al globale massimo.  



Marinella aggiunge, riportando sulla Piramide e Graal, quello detto da Giovanna: come si fa a costruire il rapporto con noi stessi? Basta osservare gli “anticamente abili” che rispetto a noi utilizzano, anzi si esprimono solo con i codici più profondi. Più noi viviamo la vita con tutti i codici, di più ci avviciniamo all’ontologico e quindi alla metastoria ("meta" = al di là; storia da "id tor" = cioè che è visibile)
Il codice ontologico è la FIDUCIA. 


 Dobbiamo iniziare a fare le cose partendo da noi,
f i d a n d o c i che quello che facciamo, quello che sentiamo,  è la cosa più giusta per noi.
 
Mariella, Mafalda, Graziana.

PEDASO (FM), giovedì 24 e venerdì 25 settembre 2015.VI° PROGETTO "LA FINESTRA DI BABICH".ACCOGLIENZA E PRIMO GIORNO.




FONDAZIONE NUOVA SPECIE ONLUS
Registro Persone giuridiche n. 429
Prefettura di Foggia







VI° PROGETTO
"LA FINESTRA DI BABICH.

 DALLA MISERIA ALLA GRANDEZZA: 
LA TENEREZZA DELLE TENEBRE".
 
PROGETTO DI CONVIVENZA
                    AL FEMMINILE.



Pomeriggio d’accoglienza nella villa di Donatella a Pedaso che ospita la VI edizione del Progetto “La finestra di Babich” dal titolo “Dalla miseria alla grandezza: la tenerezza delle tenebre”.

La giornata uggiosa ci ha accompagnato, come elemento antenato metastorico, ad entrare ed a prendere parte a questo utero devoto, pronto ad accoglierci; permettendoci di transitare nelle nostre resistenze che ci limitano anche in un semplice stare. 
Nell’attesa delle ultime arrivate, si ascoltano alcuni pensieri che ci predispongono all’ascolto dello stato quiete di ognuna di noi, rivelandoci in parte anche nel motivo che ci ha spinto a partecipare e quali le parti di solitudine che vorremmo riuscire ad attraversare. 



Silvia ha voluto augurare un buon inizio a tutte presentando dei doni da condividere: una scatola di tisana e l’icona della natività regalatale da Barbara precedentemente durante l’esordio del progetto H.O.M.E. (Home Open Metastorici Eventi) svoltosi a casa sua durante il primo weekend di agosto. Questa icona raffigura una Madonna con in braccio un neonato, illuminato dal raggio di una stella che, anche in questo contesto devoto, vuole sostenere la rivelazione di parti autentiche di ognuna di noi.

 L’espressione immediata della difficoltà di Patrizia nell’offrirsi la possibilità di stare in un tempo da poter dedicare a se stessa, pone le basi di un ascolto più attento e profondo della miseria dalla quale proveniamo e dalla quale facciamo fatica ancora ad emanciparci, progredendo ognuna verso la propria grandezza. 
La serata ci ha visto condividere un lauto pasto per poi dedicarci alla visione di un film dal titolo “Il destino nel nome”.



La mattina seguente la proposta che viene fatta al gruppo come primo ingrediente è quella di collegarci alle nostre parti anticamente abili; a tale proposito Donatella si offre in veste di "sciamano" di accompagnarci a ricontattare alcune nostre parti, attraverso gli antenati della natura, invitandoci ad una passeggiata.  

Raggiungiamo così la pineta, dove lo scorcio che si offre al nostro sguardo è di una bellezza unica e infinita. 
Il mare si stende davanti a noi in una cornice dipinta dal verde degli alberi e della siepe; dei disegni morbidi sospesi nel cielo che le nuvole cariche di pioggia definiscono mettono in risalto la linea dell’orizzonte, che a poco a poco si è definita sempre di più...


La solidarietà di Giovanna ha permesso a Patrizia l’espressione del dolore di bambina sprofondata nella miseria, nel sentirsi abbandonata e quasi privata di un’identità, che trova rifugio e accoglienza nel buio rievocando la tenerezza in un accovacciamento fetale. 
Questa dinamica ha ricontattato in altre donne presenti un antico dolore che fatica ad aprirsi ad una diversa e nuova espressione che trovandoci insieme, ci ha spinto ad abbozzare una forma accompagnando Patrizia alla possibilità di raggiungere una grandezza, iniziando ad aprire gli occhi all’immagine che avevamo davanti disegnata dagli antenati della natura che apparentemente sembra immutabile. 


La dinamica si è conclusa con un nuovo nome a Patrizia: “Gabrizia” che mette insieme la morte e la vita, come motore rigenerativo per qualsiasi fase di cambiamento. 

Nel pomeriggio le tre coordinatrici Giovanna Barbara e Marinella ci hanno presentato il progetto partendo con il raccontarci la storia di Graziella Babich dal quale il progetto stesso prende il nome e che sottolinea la fragilità vista come miseria e non come la potenza di una grandezza che esprime la specificità dell’"Io sono".
Mila, tra emozioni e parole dosate come giusti ingredienti per ognuna di noi, ci ha donato i quaderni per appuntare le riflessioni, emozioni e stati d’animo di questi giorni. 

La giornata si conclude con la presentazione della canzone che ci accompagnerà in questo progetto dal titolo “Senza paura” di Ornella Vanoni in cui le tenebre vengono cantate come opportunità di adesione all’esistenza attingendo alla dimensione metastorica attraversando il buio, i silenzi, l’amore e la morte.


Silvia,
 Antonietta e Patrizia.

domenica 27 settembre 2015

Aspio (AN), sabato 12 settembre 2015. DUEGIORNI AL MAS.TR.O. CENTRO.

FONDAZIONE NUOVA SPECIE ONLUS
Registro Persone giuridiche n. 429
Prefettura di Foggia








DUEGIORNI AL MAS.TR.O. CENTRO.
RIPRESA DEI LAVORI.
 Prima giornata.



L'incontro ha inizio sabato mattina alle 9:30, ci siamo rivisti tutti, mentre una delegazione di associati ha partecipato al convegno che si è tenuto a Nardó (Lecce): "Dalle tradizioni dei popoli alle terapie del futuro", dove tra i relatori era presente Ekaterina

Dopo un'estate calda e vacanziera, presenti erano i referenti della cooperativa "Anemos": Silvio, Raffaele e Barbara e alcuni associati di Foggia e del "Marcagnuzzo".

Nella Sala dell'Aspio "Mauro Staffolani", i primi che abbiamo festeggiato con questo rientro sono stati Ripalta e Roberto che erano visibilmente emozionati e elettrizzati per le nozze che abbiamo festeggiato il giorno dopo.

È stato bello ascoltare i loro stati quiete in merito a questo loro passaggio inedito.

Questo primo ascolto di Roberto e Ripalta ci ha aiutato a transitare verso nuove prospettive più globali per cominciare questo anno associativo e di mastro.

Come sempre questi due ragazzi anticamente abili con una forte parte metastorica ("meta" = al di là; storia da "id tor" = cioè che è visibile) ci hanno mostrato che accogliendo le nostre parti "anticamente abili" si esprime un'autenticità che ci aiuta appunto nella vita e soprattutto nell'inedito che la vita ci offre, l'inedito di ricominciare l'anno associativo le sue iniziative tra cui il Mas.Tr.O.

Per iniziare l'incontro viene letto un messaggio di Mariano, inviato a Barbara che augura di sposarci con le nostre parti anticamente abili così da renderci più armonici, proprio come Miú, il gatto selvaggio di Barbara.

I più solidali sono stati Raffaele, Barbara e Silvio mostrandoci la loro difficoltà nel procedere, lasciando delle loro parti storiche che ormai non li nutre più e che non favorisce la crescita di altri. Tra le loro prospettive che ci hanno comunicato distintamente c'é il desiderio di dedicarsi di più all'Albero della Conoscenza e lasciare alle associazioni l'Albero della Vita accompagnato dall'albero della conoscenza.

Questa loro apertura di queste parti fragili, che li hanno spinti a chiedere aiuto, ha fatto da specchio a molti di noi nella difficoltà di abbandonarci a ciò che percepiamo buono per noi, non temendo di perdere ciò che è venuto prima, ma anzi valorizzandolo.

Abbiamo concluso la prima parte della giornata con queste premesse, accompagnati da un lauto pranzo.

Alla ripresa abbiamo dedicato del tempo ad ascoltare il vissuto dell'ultimo periodo dei tre adolescenti: Marco, Moise e Giancarlo presenti all'incontro, accogliendo le loro ipotesi future su come poter proseguire il percorso di crescita affiancato ai loro impegni scolastici, sociali e familiari.

È stato bello vedere la rete degli associati, cresciuta anche grazie a questo primo anno di Mas.Tr.O., che si è proposta attivamente a sostenere i ragazzi e le loro famiglie, proponendosi in varie soluzioni.

In conclusione della giornata Francesca e Gioele ci hanno invitato a prendere parte al rito di passaggio tra il vecchio e il nuovo, attraverso la formazione di un cordone ombelicale costituito da tutti noi, che simboleggiava il collegamento utile per l'esistenza delle nostre parti, per un procedere verso una crescita più armoniosa.

Eleonora e Silvia

mercoledì 23 settembre 2015

Troia (FG), martedì 22 settembre 2015. COMUNICATO STAMPA DELLA FONDAZIONE NUOVA SPECIE ONLUS. Progetto "E. V. V. I. V. A."

FONDAZIONE NUOVA SPECIE ONLUS
Registro Persone giuridiche n. 429
Prefettura di Foggia



COMUNICATO STAMPA
DEL 22 SETTEMBRE 2015.



Per troppo tempo, dalla fine del Settecento ad oggi, il “maschio” è stato considerato come colui che deve dominare, non deve lamentarsi, non deve perdere il controllo delle proprie emozioni. Ed il suo essere “maschile” è stato confuso con l'essere a tutti i costi coraggioso, audace, forte e abile fisicamente. Ad oggi questo punto di vista si è rivelato parecchio parziale nel descrivere e far emergere anche i bisogni profondi e reali dell’uomo, spesso schiacciato da un’identità rigida, chiusa, statica.


Questo progetto di convivenza maschile nasce da un gruppo di uomini che a partire da un forte desiderio di crescita e di evoluzione dal proprio disagio vogliono sperimentarsi in questa nuova ricerca che affonda le sue basi teoriche nella Epistemologia Globale. L’accoglienza dei partecipanti e il programma si realizzerà in collaborazione con l’Associazione alla Salute Sardegna ONLUS, facente parte di un circuito di associazioni regionali che da anni promuovono e sostengono le attività della Fondazione Nuova Specie. Dal 26 settembre, per otto giorni, 35 uomini vivranno insieme, giorno e notte condivideranno momenti di scambio profondo. Finalità del progetto è quella di accompagnarsi reciprocamente a superare paure, sciogliere nodi legati alla propria infanzia e adolescenza attraverso dinamiche metastoriche ovvero attraverso interazioni profonde che coinvolgono intensamente e creativamente tutti e tre i codici vitali di una persona (il codice bio-organico o delle emozioni specifiche, il codice analogico o del corpo e il codice razionale-simbolico). In un tempo in cui si rendono sempre più necessarie gravidanze "a cielo aperto", il Progetto "E. V. V. I. V. A." si pone l'obiettivo di fornire gli strumenti per non farsi sovrastare dal disagio, piuttosto di "veleggiarlo" per per coglierne la spinta verso un'ulteriore crescita.

L'esperienza si concluderà con un convegno aperto alla cittadinanza il 2 ottobre alle ore 18 in viale Matteotti 16 a Montevecchio, presso la struttura messa a disposizione dal C. E. A. S.

L’intera esperienza verrà documentata mediante registrazione audio-video per lasciare una memoria storica degli avvenimenti e permettere una futura verifica dei risultati. La Fondazione Nuova Specie si auspica che questa sperimentazione, insieme alla già consolidata esperienza del progetto La Finestra di Babich, rivolta a sole donne, possa far nascere un nuovo punto di vista che vada al di là dei ruoli di genere e verso un più globale Insieme femminile-maschile.

Fondazione Nuova Specie ONLUS

71029 Troia (FG)
C.F. 94084660714 
E-mail: fondazione@nuovaspecie.com

sabato 19 settembre 2015

Fragheto di Casteldelci (RN), sabato 16 e domenica 17 maggio 2015. DUEGIORNI DEL G. E. I. P. E. G.

FONDAZIONE NUOVA SPECIE ONLUS
Registro Persone giuridiche n. 429 
Prefettura di Foggia





DUEGIORNI DEL G. E. I. P. E. G.
A FRAGHETO. 
"UNA SCUOLA PER CRESCERE
A PARTIRE DALLA VITA".



Mi rendo conto che un post va fatto subito, altrimenti si perde l’immediatezza di ciò che è stato. Ma spesso tante cose si intrecciano e si dilaziona. Ciononostante penso sia importante lasciare traccia per non perdere il valore di ciò che è stato e per poi potere andare oltre.

Eccomi dunque a parlare del corso di formazione per insegnanti ed educatori che l’Ass.ne alla Salute Romagna, in collaborazione con l’Associazione culturale Il Borgo della Pace e all’interno delle iniziative del G. E. I. P. E. G., ha organizzato a Fragheto di Casteldelci (sull’Appennino romagnolo)  il 16 – 17 maggio 2015.

Un corso residenziale di due giorni nato da un mio sentire, dalla necessità che ho avvertito di intrecciare le più significative esperienze che ho vissuto come docente con le attività  del G. E. I. P. E. G. e più in generale del Metodo alla Salute ideato da Mariano Loiacono.

Ho avvertito che ne poteva scaturire un arricchimento reciproco e che poteva essere un importante stimolo per la Scuola che, come tutte le Istituzioni, sta vivendo momenti di crisi profonda. Sempre più difficile appare infatti rispondere alle istanze che vengono dalle nuove generazioni che manifestano, in modi diversi e non sempre riconoscibili, il loro disagio.

Se l’idea è partita da me devo dire che è stata subito condivisa dal gruppo G.E.I.P.E.G Romagna/ Marche e che la collaborazione è stata davvero preziosa. La Rete ha funzionato in modo naturale, a dimostrare che la Marcagna è una realtà. 

Approccio autobiografico, storia di sé e "grande storia", sperimentazione del Cerchio magico dentro le classi, alcune unità didattiche del Metodo alla Salute… tutto questo in un mix rigorosamente programmato in questi due giorni di convivenza in cui non è mancato il momento della “festa: sabato sera dopo cena, infatti, stage di danze popolari. Ecco la locandina col programma:


Abbiamo pensato a una formazione che fosse innanzitutto un’esperienza di vita, fatta non solamente di parole, una formazione che partisse dal fenomeno vivo e che in qualche modo vedesse tutti, conduttori e partecipanti,  coinvolti nella realizzazione di qualcosa di “inedito.

Sedici le iscrizioni tra docenti ed educatori, non poche dato il periodo e la lontananza del luogo, Fragheto appunto, luogo comunque “dell’anima” immerso tra natura e storia.

Ma perché questa scelta logistica?

Sono partita da una semplice constatazione: tutti abbiamo bisogno di comunicare in modo efficace, ma ciò è particolarmente necessario quando ci si trova in ambito formativo e educativo. Per questo fondamentale è l’attenzione al contesto: dare importanza a certe ritualità, alla scelta attenta delle parole, dei silenzi e dei luoghi (per questo  Fragheto), che possono rendere sensibile la differenza rispetto a un’esperienza quotidiana sempre più irriflessa, espropriata, massificata, stagnante, antiecologica.

Tutto è stato preparato con cura, dall’alimentazione (ambito in cui le donne delle associazioni Romagna-Marche  hanno dato il loro valido contributo) alle “borsette” (fatte a mano con materiale di riciclo) nelle quali sono stati inseriti i materiali  di lavoro e approfondimento per i partecipanti.

Nella consapevolezza che è necessario aver sperimentato su di sé le esperienze che si pensa poi di proporre a studenti e studentesse, sia sul piano cognitivo che su quello relazionale, la partenza, come da programma, è stata un laboratorio autobiografico.

Sabato pomeriggio infatti, dopo l’accoglienza e la presentazione del corso, tutti i presenti (non solo i corsisti, ma anche conduttori e “aiutanti”) sono stati invitati a riannodare i fili della propria infanzia o giovinezza, a riviverne  alcune emozioni, attraverso un lavoro di scrittura autobiografica sul proprio nome.

Al termine ogni persona ha letto e condiviso col gruppo, con grande empatia, il proprio vissuto. E’ stata un’esperienza davvero significativa, un modo diverso per presentarsi ed entrare nel vivo del lavoro. Anche chi pensava di non avere niente da dire in realtà, con stupore e commozione, si è immerso e si è reso conto che ripensare al proprio passato può insegnare molto di se stessi e magari orientare verso nuovi atteggiamenti mentali  e relazionali.

Erano state preparate altre attivazioni ma non c’è stato il tempo per realizzarle. Kairòs e non Chrònos: ci si è presi il tempo necessario e poi …, dopo una cena conviviale e di scambio, spazio alla musica e alle danze. E’ stato il momento della festa.

E c’è stato anche chi alla fine ha fatto una passeggiata notturna fino al cimitero di Fragheto, luogo simbolo di un paese che ha subito durante la seconda guerra mondiale una ferita non rimarginabile. Un tragico eccidio di donne, vecchi e bambini, perpetrato dai nazifascisti, che ha dimezzato e sconvolto la popolazione.

E siamo al secondo giorno. E’ mattina …

Ognuno con i propri ritmi fa colazione e il gruppo comincia a riprendere corpo. Il tempo ci vuole bene: è uscito il sole, anche se lo spazio per fare una passeggiata dopo il pranzo, come si era ipotizzato, non ci sarà.

La mattina corre infatti via veloce e non si finisce che a ridosso delle 14. Ma andiamo con ordine. C’è bisogno di riprendere  le fila rispetto al giorno precedente ed è Sandra a farlo sollecitando le persone a esprimere pareri, stati d’animo e spiegando quale sarà il tema centrale della giornata: Metodo alla Salute e Cerchio magico.

Michele, venuto appositamente da Bergamo, si sofferma sulla valenza del luogo scelto per la due giorni, un luogo dove la storia si “respira”, Nicoletta, nel percepire quanta sofferenza si sia riversata sul paese per la strage avvenuta, vede comunque in esso una speranza per la scuola. Perché se è giusto non dimenticare quanto avvenuto e ricordare "gli antenati", è nondimeno importante andare oltre, portare avanti la speranza e la volontà di cambiamento.

Il dolore, il negativo, anche nella vita quotidiana, non devono farci sprofondare nell’abisso, vanno attraversati per arrivare poi a qualcosa di nuovo che ci spinga a continuare il viaggio della vita.

Sono quindi Cindy e Sandra che in modo chiaro e coinvolgente introducono i corsisti al Metodo alla Salute, partendo da sé e utilizzando alcune unità didattiche, in particolare la Piramide del Sarvas e il Communitometro.


Unità didattica "Piramide del Sarvas"
 
Unità didattica "Il Communitometro"

Il punto focale è comunque la Scuola, si commenta il titolo del corso e si fa notare che non si può più, oggi, non tener conto del mutamento antropologico che si è verificato.

La struttura piramidale di una società rigida, gerarchicamente organizzata, dove si partiva dal globale massimo e non da se stessi, non può più reggere.



Se oggi non c’è più la tenebra rispetto alle culture “altre” perché dal Villaggio-Mondo si è passati al Mondo-Villaggio, è però vero che c’è una grande difficoltà a capire chi si è.

"Villaggio-Mondo", opera di Stefania D'Aries
"Mondo-Villaggio", secondo S. D'Aries
 
Quindi è necessario partire da sé, capire e valorizzare la propria specificità per poter poi costruire rapporti significativi con le persone con cui si ha un legame forte, poi con i gruppi e infine arrivare al Globale massimo, ad avere cioè un proprio punto di vista sulla vita.

Tutti sono interessati ma c’è anche qualche perplessità: non è così facile per chi non ha frequentato il Metodo alla Salute addentrarsi in questi concetti. Con facilità e naturalezza tra i conduttori c’è un passaparola e così interviene Martino per parlare dell’Epistemologia globale messa a punto da Mariano, un nuovo punto di vista sulla vita fatto di teoria e prassi, e del Progetto Nuova Specie ad essa legato.

Sono “assaggi” in un certo senso, degli stimoli, come puntualizza Davide, per incuriosire le persone e spingerle ad approfondire, se interessate, con altri incontri o letture (e di materiale in questo senso ce n’è tanto).
E per tornare alla scuola, dentro il Progetto Nuova Specie c’è anche il G. E. I. P. E. G.: Genitori Educatori Insegnati per un Progetto Evolutivo Globale. Probabilmente solo se le diverse componenti che hanno a che fare con l’Istituzione riusciranno a cooperare e ad assumere un nuovo punto di vista, si potrà affrontare seriamente il disagio che sempre più vivono le nuove generazioni.

E la metodologia del Cerchio magico, sperimentata a Scuola nelle Marche, dalla Puglia alla Romagna, ha dato sicuramente i suoi frutti.

Nel metodo, si fa notare, il disagio non è un sintomo, ma una fase da inserire all’interno di un “viaggio”. E sono proprio i ragazzi e le ragazze che lo manifestano che ci spingono a  metterci in ascolto per andare al di là di quell’8% che di loro vediamo, ci stimolano a  “fare spettacolo” e a cambiare il punto di vista.

 
Ogni studente è diverso da noi, generazionalmente, per appartenenza culturale, familiare, vive altrimenti i suoi contesti di senso, viene da pratiche di sapere implicito. Se riusciremo, come insegnanti o educatori a partire  prima di tutto da noi stessi, dal nostro eventuale disagio, ad attraversarlo, guarderemo con occhi diversi anche i nostri alunni.

Si sottolinea come nella relazione educativa (per questo anche l’idea del cerchio) sia  fondamentale sentirsi uguali nella diversità, recuperare la grande valenza delle emozioni mettendosi, docenti e discenti, sullo stesso piano. Non si perderà in autorevolezza se permetteremo ai ragazzi e alle ragazze di partire da sé, dalla propria storia, se li aiuteremo a condividerla con il gruppo in un processo in cui anche noi saremo coinvolti con la nostra storia.

E qui Nicoletta racconta la sua esperienza in una piccola scuola con un’unica sezione. Una classe molto problematica, con casi certificati come autismo ed elementi iperattivi. E’ stato fatto un progetto, si è sperimentato il Cerchio magico due volte al mese dentro la classe;  i genitori stessi hanno collaborato e sono intervenuti a volte anche operatori esterni come Martino e Davide.

I risultati sono stati evidenti, i ragazzi si sono trasformati perché hanno capito che gli si andava incontro, non si sono più sentiti marginali o magari troppo al centro dell’attenzione, hanno potuto essere semplicemente se stessi e esprimere le proprie emozioni. E il cosiddetto “programma” non ne ha sofferto: il progresso c’è stato anche sul piano della lettura e della scrittura. Si è applicata la pedagogia della lumaca, delle piccole cose, che poi finiscono per diventare quelle più grandi.

Brava Nicoletta, ha saputo raccontare in modo mi verrebbe da dire “scientifico” ma anche molto empatico.

Ma il tempo è volato, le domande da parte dei corsisti erano tante probabilmente e anche l’esigenza di avere delle risposte, ma si è poi dovuto chiudere anche perché nel pomeriggio ci sarebbero state altre testimonianze.

E’ stato un corso davvero denso, ricco, per cui in questa seconda giornata si è effettivamente un po’ sacrificata la parte del dibattito e del bilancio.

Così, dopo un buon pranzo ristoratore si giunge alla parte finale.

Si riprende puntuali alle tre del pomeriggio.

Il programma prevedeva anche un aggancio con la grande “Storia” ma in realtà lo spazio per quest’aspetto non c’è stato. Si sono forse aperte alcune “finestre” che però richiedevano tempi e contesti diversi per cui si sono lanciate delle ipotesi di approfondimento per il futuro è si giustamente privilegiato il racconto di altre esperienze attuate dentro la scuola legate al Metodo e al Cerchio magico.

Sono stati Martino, Davide e Maria Grazia a farci partecipi di quello spettacolo che già avevamo vissuto in mattinata con Sandra, Cindy e Nicoletta.

Hanno operato e operano tutti e tre nel campo dell’educazione ma in ambiti diversi: educatore domiciliare Martino, insegnante di matematica alla Scuola Media Davide, docente di Scuola Elementare e dell’Infanzia Maria Grazia.

Inizia Martino a raccontare del suo lavoro con E. (previo consenso dei genitori), certamente particolare per la situazione particolare: E. è affetto da SMA 2, non ha alcuna autonomia sul piano fisico ma adeguate capacità cognitive. Comunica solo con gli occhi e muovendo un pollice. E’ iscritto al secondo anno del Liceo delle Scienze umane. In questo caso Martino ha svolto due ruoli, quello di educatore domiciliare e educatore scolastico.

Subito sottolinea come per lui affrontare questa difficile situazione sia stata una palestra di vita in cui certamente ha dato, ma molto ha anche ricevuto. Non è possibile sintetizzare in poche parole l’intervento, ma il senso profondo sì. Perché Martino ha sottolineato che, nell’essenza, quello che vale per Eugenio può valere per tutti. Ha fatto un anno di sperimentazione partendo dal basso, dalla relazione innanzitutto, e facendosi una domanda base: “A cosa serve quello che gli si sta insegnando per la sua vita?

Questo è il punto.

E’ chiaro che il linguaggio deve essere al servizio della vita, ma non basta ovviamente. Dove si colloca il contenuto esterno? La risposta è questa: ha valore e  coinvolge nel momento in cui  aiuta a scendere nella propria vita, la illumina in qualche modo.

Ma questo è un principio che vale per tutti.


Ci vuole una didattica che sia ascendente, che parta il più possibile dal basso, una didattica che utilizzi tutti i codici, non solo quello simbolico, e quindi preveda che si possa insegnare ad esempio matematica attraverso un’attività teatrale (“mateatro”), una didattica che si incardini sulla conoscenza di chi si “pretende” di educare e che implichi la condivisione delle storie. “Tu mi doni la tua storia, io ti regalo la mia”. Uguali nella diversità.

E’ il primo passo per poter affrontare un percorso che sia ricco di significati, foriero di crescita, e non si riduca a un cumulo di contenuti privi di aggancio con la vita.

I contenuti infatti “devono valere in quanto luoghi a partire dai quali possiamo riflettere sulla cecità dei nostri saperi e cogliere così il senso della nostra esperienza, compresa quella educativa nella direzione di una formazione più complessa dei ragazzi e delle ragazze (Sini).

Di questo ha gran bisogno oggi la scuola.

E questo hanno cercato di mettere in pratica, nel loro agire, anche Davide e Maria Grazia; pur operando in realtà diverse, come la Scuola Media e la Scuola dell’Infanzia, dai loro racconti è chiaramente emerso un Fondo comune con l’esperienza di Martino.

Facciamo un altro esempio con Davide che insegna matematica: chi avrebbe mai pensato che si può affrontare questa materia spesso ostica, insegnarne le regole, attraverso una canzone rap? Invece è stato un successo!

Ma è proprio in questo modo, partendo dal basso, catturando l’interesse di ragazzi e ragazze, proponendogli qualcosa che gli piaccia, che si riesce a entrare in contatto con loro, ad accoglierli, a comunicare.

Di nuovo emerge dunque la necessità, nella pratica didattica, di utilizzare tutti i codici, di “fare spettacolo”, di ancorare la conoscenza alla relazione e all’ascolto.

E come avrebbe potuto Maria Grazia aiutare il piccolo M., nato con una grave malformazione come la labiopalatoschisi, con una successiva diagnosi di autismo, accolto solo in funzione del fatto che stava male, se non si fosse messa in ascolto della sua specificità, se non avesse, come ci ha ben illustrato, lavorato su tutti i codici comunicativi del bambino, sulla sua rabbia, sulla sua difficoltà, sulle sue stereotipie?

Se non fosse partita dai codici sottostanti, che erano “stati tagliati”, quindi dal bio-organico, dalle emozioni, come avrebbe potuto pretendere delle risposte sul piano del simbolico?

Non occorre ribadire che questo non vale solo per i casi cosiddetti difficili, vale per ogni individuo, come per tutti è fondamentale la collaborazione delle famiglie, degli altri insegnanti, degli educatori, dei pari.

E siamo in dirittura d’arrivo.

Ci sarebbe voluta una pausa e uno spazio per il dibattito, ma come dicevo il tempo è a volte tiranno e così, sinteticamente, interviene Antonio Mazzoni, il “nostro” storico.

Esprime sicuramente ammirazione per i contenuti innovativi e per la ricchezza delle esperienze esposte, ma anche alcune perplessità e pone delle questioni di ordine epistemologico.

Partendo da quanto più volte era stato ribadito e cioè che è prioritario vedere e attraversare i propri disagi, anche come insegnanti, se si vogliono capire quelli degli alunni e delle alunne, ha posto fondamentalmente due quesiti (non dimentichiamo che siamo a Fragheto luogo di sofferenza per tutta una comunità):
  • se è legittimato che uno storico, che non ha vissuto, non ha sofferto per la strage,  possa indagare su di essa; 
  • quale deve essere il rapporto tra lettura emotiva dei fatti e realtà storica, tra il rigore di fondo dei fatti storici e la necessità di entrare in empatia con la classe.

Naturalmente ho riassunto, tenuto poi conto che il tempo di discussione su questi temi  è stato veramente minimale e forse esulava un po’ dal contesto più generale del corso.

Ci si danno comunque degli obiettivi anche su questo piano; interviene infatti Martino che, dopo alcune riflessioni in merito al fatto che la dimensione della ricerca storica è molto importante, ma lo è altrettanto cercare negli eventi un fondo comune con la vita, lancia l’ipotesi di un prossimo approfondimento: analizzare il rapporto tra storia e metastoria.

Spetta quindi a me tirare le fila della due giorni. Non è facile perché è stato tutto molto intenso e molto ricco, ma logicamente mi cimento.

Rinuncio, come già detto, alla parte più propriamente storica su cui avevo lavorato, ma do alcune piccole indicazioni ai docenti per come, secondo la mia esperienza, è possibile raccordare la storia personale, la micro-storia, alla grande storia.

Faccio poi alcune considerazioni conclusive su questo tema e su quello del negativo, del dolore, sia  dei singoli  e che  delle comunità.

I dolori non si possono cancellare, li dobbiamo attraversare, ne dobbiamo elaborare il lutto. E’ importante sia per gli individui che per la collettività, ma inserire poi quanto emerso e “rivissuto con la pancia” in un contesto di verità storica, di dati oggettivi è fondamentale per la comprensione e per procedere con più serenità nel proprio cammino, che così inteso, a qualsiasi età, per tutte le persone o le società, dev’essere inteso come un cammino di crescita.

Ci meritiamo tutti un grande applauso ed è quello che succede. Si chiede ai partecipanti di mandare un bilancio da poter poi condividere tra tutti, per proseguire, se si crede che valga la pena e migliorare.
 
Da parte mia mi impegno a restituire a tutti gli scritti significativi che hanno fatto rispetto al proprio nome.

Baci, abbracci, promesse di risentirci, poi noi dell’associazione sistemiamo ben bene questa bella casa che ci ha ospitato e ci ha dato la possibilità di effettuare un percorso di formazione tra storia e disagio un po’ innovativo e ricco di stimoli (io almeno spero lo sia stato).

Come per tutte le cose l’augurio è che non rimanga “una tantum”, perché spesso succede. Sarebbe un peccato, sarebbe disperdere delle belle energie… quindi vediamo di fare tutti qualcosa.
Lidia