venerdì 28 novembre 2014

Foggia, lunedì 24 novembre 2014. RECENSIONE DELL'OPERA PRIMA DEL DR. CIRO MUNDI, scritta da Martenea Prossimo.


FONDAZIONE NUOVA SPECIE ONLUS
Registro Persone giuridiche n. 429
Prefettura di Foggia




"HAI STRAPPATO IL FIORE,
LE RADICI RESTANO,
SI IRROBUSTISCONO E SI DIRAMANO,
DARANNO TANTI FIORI".

 CORRADO



Da Milano, 24 novembre 2014

Le rare volte in cui avevo incontrato Ciro Mundi, erano state principalmente caratterizzate dalla mia partecipazione ad una protesta per me molto importante: evitare la chiusura del Centro di Medicina Sociale di Foggia o richiederne la riapertura.

Non sapevo poi molto su di lui, se non che si trattasse di un medico, di un neurologo e che avesse un legame di stima per Mariano Loiacono, ex Direttore del C. M. S., ma anche mio maestro, oltre che psichiatra ed epistemologo globale.

Di Corrado, Nicolcarlo, Oreste, Marisa, Anna, Eugenia, Bruno, Manfredi, Arturo, Aurelio e gl’altri, non sapevo proprio nulla, non immaginavo.

In quest’ultimo periodo ho scoperto che il Dr. Ciro Mundi è il Direttore della Struttura Complessa di Neurologia degli Ospedali Riuniti di Foggia, ma anche uno scrittore.

Per uno strano giro di condivisioni, sono arrivata a leggere tutta la sua opera prima: Hai strappato il fiore.

Oggi, senza alcuna presunzione, né particolari competenze, mi piacerebbe raccontare cos’ha raccontato a me il romanzo di Ciro Mundi: mie riflessioni, considerazioni, sensazioni.

Inoltre mi piacerebbe utilizzare alcuni degli strumenti che Mariano Loiacono ha perfezionato in questi lunghi anni di sua ricerca, dando anche valore alla relazione che esiste tra lo stesso Mariano e Ciro.

Non pretendo di fare una critica all’opera, nel modo più assoluto, ma ho piacere a dar valore ad un lavoro importante, che si snoda tra le conoscenze scientifiche di Ciro Mundi ed il suo mondo interiore, fatto di grande sensibilità e delicatezza, di amore per la sua professione, ma anche la sua terra, di rispetto per l’epistemologia scientifica, ma anche per la cultura contadina.

Dal Graal delle Profondità: Corrado e la gabbia del Codice simbolico.

Già dalle prime righe del romanzo, ho sentito che Corrado poteva essere uno di noi, uno dei tanti giovani imprigionati nel Codice simbolico. Uno dei tanti giovani che per tanto tempo, hanno vissuto nell’illusione di possedere anche gl’altri codici.

Torniamo indietro di qualche passo, per spiegare brevemente cosa sono i codici e a quale unità didattica mi sto riferendo.
Secondo la Teoria globale del Dr. Loiacono, possiamo individuare  quattro Codici a cui far riferire le nostre esperienze di vita.

Il Codice simbolico, codice della razionalità, della parola, dei numeri, di ciò che è misurabile.
Il Codice analogico, codice del corpo, ma anche del territorio, del sentimento di appartenenza, dello spazio.

Il Codice bio-organico, codice delle emozioni, delle nostre istanze più profonde, dei sentimenti.

Il Codice metastorico (ontologico), di più difficile spiegazione: rappresenta tutta quella parte della nostra esistenza che non possiamo vedere, né prevedere, che non sottostà a leggi scientifiche, né si manifesta con l’utilizzo dei nostri sensi. Tutto quello che non è storia, che non conosciamo, ma che influenza il nostro stare nel viaggio della vita.
Ecco, quando penso a Corrado, ma anche ad altri personaggi del romanzo di Ciro Mundi, vedo un bambino, un giovane, un fratello, un compagno, un padre, un ricercatore bloccato, ingabbiato nel Codice simbolico. Un giovane uomo che per placare l’estremo dolore provato in tenera età (il fratello maggiore Nicolcarlo muore improvvisamente poco più che adolescente), decide consapevolmente di trascorrere un’esistenza controllata e priva di emozioni.
Più volte durante la lettura, Corrado in prima persona, ricorda a se stesso di muoversi nella vita sempre e comunque avendo tutto sotto controllo, sia episodi esterni alla sua anima, sia i suoi pensieri, sia le sue relazioni: non c’è spazio per l’inedito, per la passione, per il dolore, per l’inatteso.
Tutto è rigidamente controllato, previsto, strategicamente organizzato. Poche sono le situazioni in cui Corrado si trova a dover cedere alla violenza repressa dei suoi altri codici, poche e se vogliamo, possiamo anche dire fatali.

La morte del giovane Nicolcarlo, l’assenza del padre, la fredda sensibilità della madre, portano Corrado a condurre una vita di calcoli (direttore e ricercatore per l’Istituto di Chimica), di rapporti superficiali con le donne, di assenza di amici, di eleganza nell’abbigliamento, un’eleganza al limite dell’ossessività e di solitudine, spesso scandita dal suono della sua amata musica classica.

Corrado non abbraccia, non piange quasi mai, si muove nello spazio con un corpo snello, non scambia con altri corpi, se non nella sessualità spesso fugace con varie donne o travolto dall’amore per il suo unico figlio legittimo.
Corrado trascorre l’esistenza a bloccare immagini nella sua mente, a suddividerle in ciò che può essere pensato, che non addolora, che non minaccia la sua precaria protezione dalle emozioni e in ciò che deve essere emarginato (il ricordo sbagliato, la possibilità di ritornare al dolore originario).

In tutto questo suo procedere nell’ordinario, nella vita di tutti i giorni, Corrado si attornia di personaggi che come lui, chi più chi meno, hanno scelto di vivere quasi esclusivamente nel Codice simbolico, rinunciando agl’altri ed in particolare alle emozioni (al Codice bio-organico).
Poche sono le figure diverse, principalmente donne: Valeria, Astrid, Ornella, Marisa, Anna, ma soprattutto Mimì ed Aurelio. A pensarci bene, tra tutte le figure femminili presenti nel romanzo, la donna con cui Corrado decide poi di trascorrere la sua vita, colei che lo renderà padre, Eugenia, è quella che meno di tutte ha mantenuto un contatto con i suoi codici più profondi, o per meglio dire lo anestetizza man mano che procede nella sua vita, in virtù della scelta di portare avanti la sua carriera di architetto.
Oreste, Bruno, ma anche Enrica, sono tutti personaggi semplici, ma non semplici perché in contatto con le loro origini, semplici nella scelta di restare in un Codice simbolico, fatto di doveri e di quieto vivere, di annullamento dei rischi, di scelte ovvie.
Sicuramente non sono personaggi di questo tipo Nicolcarlo ed Alberto, giovani inquieti, ribelli, con ancora i codici profondi vivi, forse tumultuosi, che però nel romanzo finiscono per avere vite interrotte: il primo morto con un problema al cuore in giovane età, il secondo abbandonato con uno scoppio psicotico, che lo porterà ad essere dapprima ricoverato in neurologia e poi cronicamente definito schizofrenico e rinchiuso in una comunità in Francia. 
Un altro personaggio, che probabilmente mai aveva accettato di far morire i suoi codici più profondi, è il padre di Corrado, una figura di cui sappiamo poco, ma che arriviamo a scoprire essere un uomo di grande onore, legato alla terra e alle relazioni di amicizia e di affetto.
Le due figure più positive, a mio parere, restano Mimì ed Aurelio, padre e figlio (anche se il vero padre di Aurelio era il padre di Corrado): uomini della cultura contadina, legati alla terra, alla condivisone, uniti da relazioni profonde di rispetto, ma anche di sentimento, capaci di condividere amore reale e fratellanza.
Ed in effetti è come se il romanzo fosse diviso in due, come se Corrado fosse diviso in due: il Corrado di Roma, menomato dalla perdita del fratello, solo e razionale, calcolatore e freddo d’animo, ed il Corrado che riscopre la Puglia, i legami tra uomini, la figura del padre, il desiderio di abbandonare il controllo e di sperimentare l’amore (per una donna, per un figlio, per un fratello).
E’ inutile dire che Corrado arriva troppo tardi a questo desiderio, ormai mangiato nella sua testa dalla fatica del controllo, ormai troppo lontano da ciò che lui era in origine.
Mi piace vedere così Corrado: un giovane uomo, poi meno giovane, che arriva in età matura a comprendere quanto avesse rinunciato alla sua profondità, alla sua unica essenza. Mi piace pensare che l’esistenza di Corrado non sia stata tutta vana, ma mi devo arrendere al fatto che ha scelto di combattere e di tornare alla vita ormai troppo tardi, quando lo scollamento da se stesso era ormai troppo evidente.

L’Ondanza: se la vita non è una danza, il movimento si arresta.

 

Sempre grazie all’aiuto delle Unità didattiche del Dr. Lociacono, metafore per aiutarci a comprendere la vita e le sue manifestazioni, possiamo vedere come Corrado e la sua vita, siano stati vittime di una rinuncia statica, finita, chiusa
Se la vita è fatta da opposti che danzano insieme, se la vita è intimamente interconnessa con la morte, il bene con il male, il giorno con la notte, il femminile con il maschile, allora gli opposti devono essere contemplati nel loro alternarsi, nella possibilità di vivere sperimentando l’anello simbolico (nell’immagine rappresentato dalla curva colorata), ma anche l’anello diabolico (la cura in bianco e nero). Questo per dire cosa di Corrado? Corrado sceglie di allontanare il dolore della morte del fratello Nicolcarlo, la relativa solitudine provata, vivendo una vita di Obbligo-Dovere, di Funzione-Ruolo, di Impegno. Dalla relazione con Marisa ed Oreste inizia a sperimentare il Dono-Regalo, ma sempre limitato a spazi organizzati, previsti, regolamentati dai sensi. È solo con Eugenia che sente di poter iniziare un Progetto-Opera, è solo dopo aver riscoperto la relazione genuina con Mimì ed Aurelio. Ma come ho già detto prima, se la vita non è una danza, se non si muove come un’onda, prima o poi si arresta e l’illusione di averci provato resta un’illusione: si raccolgono le mosche nel barattolo e ci si arrende a tutte le rinunce attuate per preservarsi, che alla fine si rivelano la tomba del possibile, la fine della vita. Per anni Corrado aveva deciso di non dar più voce al suo anello diabolico, di fare come se nulla fosse, ma nella vita non c’è possibilità di rimozione. Anche se il Codice simbolico, simbolicamente tace, sotto, nelle profondità, la sensazione di morte si insinua lenta e costante.

E così il povero Corrado, nuovamente tornato solo (la moglie Eugenia sempre a New York per lavoro, l’unico figlio Manfredi anche lui a New York con il suo compagno), è costretto ad umiliarsi e a rinunciare al suo amato Codice simbolico, ormai frantumato.

Ecco, così mi piace vedere l’Alzheimer, che è poi la malattia con cui Corrado concluderà la sua vita: come la fine di un uomo che aveva scelto di vivere di sola razionalità, di solo controllo. Come se la sua mente stessa ad un certo punto si fosse bloccata per usura, come se la lontananza da ciò che solo lui era si era così ampliata, da ridurlo a non poter più tornare all’origine, ma neppure alla sua grandissima soluzione, la soluzione della mente.

Il villaggio-mondo viene in soccorso al mondo-villaggio.

Rispetto alla formazione scientifica del Dr. Ciro Mundi, trovo molto dolce la fine del romanzo, per quanto dolorosa e se vogliamo, di sconfitta.

Ne esce sconfitto Corrado, ne esce sconfitta la sua mente, ne esce sconfitto il mondo-villaggio (Roma e le possibilità date da una grande città, la realtà accademica, la sperimentazione scientifica, le relazioni veloci e superficiali delle grandi metropoli), ma viene data una luce positiva al villaggio-mondo, alla cultura contadina, alle relazioni semplici, ma genuine.

Corrado, tornato nuovamente solo, praticamente abbandonato dalla moglie e dal figlio, dai pochi amici storici, dalla sua carriera universitaria, dalla sua memoria e dalla sua ragione, ammalato di Alzheimer, viene accolto da una terra povera secondo l’economia finanziaria, ma ricca secondo i valori della vita, degli antenati, della natura. È la Puglia che accoglie l’ormai anziano e perso Corrado. È Aurelio, uomo semplice, contadino, figlio di contadini. Uomo a cui non importa nulla dell’utilità, delle competenze, dell’eleganza di Corrado, neppure dei suoi soldi, uomo che lo accoglie perché si riconosce fratello, perché lo sente come parte della sua storia, dei suoi pensieri, delle sue emozioni, come sangue del suo stesso sangue (ed inconsapevolmente era proprio così, sangue dello stesso sangue). Fratelli che ormai entrambi anziani, si accompagnano a concludere le loro vite, nella semplicità di una masseria, secondo i ritmi della natura, tutelati da un mondo per cui, se sei privo di Codice simbolico (come gli anziani, i disabili, i bambini, i malati mentali), sei inutile e pesante. Non importa se spesso chi dimostra di avere una Grande Testa, nasconde dentro di sé una guerra incessante ed un dolore logorante, non importa se prima o poi la vita arriverà a riprendersi ciò che le spetta. È più importante ancora ciò che appare, ciò che funziona.

Riflessioni conclusive.

Mi sono permessa di rileggere il romanzo del Dr. Ciro Mundi, cercando di ascoltarlo per ciò che rievocava della mia storia e delle mie conoscenze. Certamente la mia è una lettura parziale, ma fatta con impegno e dedizione nei confronti della vita, nella speranza che ci sia una reale possibilità che inverta la rotta e che ci spinga a vedere i poveri derelitti della società, anche i malati di Alzheimer, come persone che si sarebbero potute risvegliare prima, se qualcuno le avesse accompagnate.

Così mi ha insegnato il mio maestro, il Dr. Loiacono, così ho sperimentato giorno dopo giorno, a contatto con tanti Alberto del caso, che in un bel momento, dalla morte certa, dalla schizofrenia cronica, tornano ad affacciarsi alla vita.

Ringraziamenti.

Ringrazio Ciro Mundi (lo scrittore), per aver scelto di parlare di un argomento così delicato e quasi sempre relegato alla sfera medico/scientifica, rendendolo più accessibile a tutti e dandone una chiave di lettura più globale, che non si limita al singolo episodio di malattia, ma che lo inserisce nella vita di un uomo. Credo che “Hai strappato il fiore” sia un romanzo che a metà tra la poesia e la scienza, possa spingerci a riflettere sul fatto che la vita è un continuum, un onda danzate, dicevamo prima e che se gli opposti devono danzare, anche la poesia e la scienza, sebbene non direttamente opposte, possono concedersi reciprocamente il beneficio del dubbio.

Tutto questo in un’ottica globale, che rinuncia alla frammentazione adolescenziale delle epistemologie e le unisce sotto una chiave di lettura che è quella dell’Epistemolgia globale, da anni teorizzata dal Dr. Mariano Loiacono.

Ringrazio Ciro Mundi (l’uomo) per avermi stupito, non l’avrei pensato scrittore di romanzi, alla ricerca di parole che raccontino un sentimento e non una diagnosi.

Ringrazio Mariano Loiacono per avermi spinta a leggere “Hai strappato il fiore”, per avermi dato la possibilità di immergermi nella storia di Corrado e di tutto un mondo che mi ha lasciato l’amaro in bocca, ma ancor di più ha dato valore alla mia ricerca di vita, di donna, di madre.

Martenea Prossimo

lunedì 24 novembre 2014

Troia (FG), martedì 25 novembre 2014. COMUNICATO STAMPA DELLA FONDAZIONE NUOVA SPECIE. Duegiorni ad Aspio: "Chi male comincia è metà dell'opera".

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Prefettura di Foggia 


COMUNICATO STAMPA
DEL 25 NOVEMBRE 2014.


ANEMOS:
CHI MALE COMINCIA È A METÀ DELL’OPERA
(… e le stelle si vedono quando è buio).




 
La Cooperativa Anemos e la Fondazione Nuova Specie sono lieti di invitarvi alla due giorni dal titolo “Anemos: chi male comincia è a metà dell’opera (…e le stelle si vedono quando è buio)”, che si terrà il 3 e 4 dicembre 2014 presso i nuovi locali della Cooperativa Anemos in via Ancona, 118, località Aspio (Osimo – AN).

Mercoledì 3 dicembre dalle ore 9:30 alle 19:00, con pausa pranzo, si svolgerà una giornata di formazione sul tema “Anemos: chi male comincia è a metà dell’opera”, condotto da Silvio Boldrini, Raffaele Cimetti e Barbara Loiacono, con la presenza del Dr. Mariano Loiacono. A conclusione della giornata, ci sarà un rito per celebrare il nuovo inizio della Cooperativa, condotto da Monica Glorio.



Locandina di Barbara Loiacono

Giovedì 4 dicembre alle ore 16:30, si svolgerà la inaugurazione ufficiale dei locali della Cooperativa, intitolati a “Mauro Staffolani”. Saranno presenti le autorità istituzionali politiche locali e regionali, e i rappresentanti della Lega della Cooperativa Marche. A conclusione della serata, si svolgerà uno spettacolo sul tema “Soffia vento…”, con la presentazione di diverse esibizioni artistiche.

Il costo della duegiorni è di 50 euro (incluse le spese di vitto e alloggio).

Per prenotazioni e info contattare Lucia (328-5739944)

Ci auguriamo che partecipiate numerosi a questa iniziativa per condividere questo inizio per noi significativo.
Vi aspettiamo!

Fondazione Nuova Specie ONLUS
71029 Troia (FG)
C.F. 94084660714 
E-mail: fondazione@nuovaspecie.com

 

Pescara, sabato 15 novembre 2014. GRUPPO ALLA SALUTE IN ABRUZZO. Intreccio tra Associazioni a casa di Elisabetta.

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GRUPPO ALLA SALUTE ABRUZZESE
A CASA DI BETTA!


Per il Gruppo alla Salute del 15 novembre, ho messo a disposizione la mia casa, in particolare la mia sala che, non essendo ancora completamente arredata si presta bene ad accogliere le persone in cerchio.  

Era una bella giornata di sole e abbiamo cominciato il gruppo abbastanza puntuali, nonostante i partecipanti venissero dalla Puglia e da Martinsicuro.

I G. A. S. sono diventati oramai un appuntamento fisso del sabato dell’Associazione alla Salute Abruzzo: ci impegniamo a farli nonostante le difficoltà legate alla distanza e ai singoli impegni.. Una bella soddisfazione, constatare che da un gruppo di 5 familiari si è passati ad un gruppo più numeroso e diversificato.


In più questa volta c’era la Presidente dell’AlSa Foggia, Lucia T., che si è rivelata una preziosa risorsa: dallo scambio tra persone se ne esce sempre più arricchiti.  Come è successo a Lina (di Pescara) e Gina (di Bari).  Gina di solito partecipa ai G. A. S. di Bari, trovandosi a Pescara per il lavoro del figlio Nicola, ha chiesto ospitalità a Lina che l’ha invitata a venire al G. A. S. Abruzzo. Passare del tempo insieme ha fatto crescere entrambe.
 
Cominciamo il gruppo ricordando le fasi, ripetendo il simbolo della lumaca, del Metodo alla Salute, dell’applauso dei sordomuti... Come ha fatto notare Lucia, non dobbiamo stancarci di ripetere queste cose, perché è utile sia a noi che ai nuovi arrivati.
 
Nella fase dei pensieri, solitamente facciamo sia il bastone della pioggia che una canzone fissa; stavolta Marco (studente di Scienze motorie) ci ha proposto di fare anche un piccolo esercizio fisico per risvegliare gli arti inferiori e superiori. Questo esercizio è stato apprezzato da tutti, anche dagli over 60… perché ci ha riscaldato e messo in condizione di scioglierci di più… gli uni verso gli altri.
 
Lucia ci ha fatto ascoltare la canzone di Arisa, “Pensa così”  colonna sonora del Progetto "Rainbow" a Cella di San Vito… L’abbiamo cantata tutti insieme leggendo il testo e abbiamo accolto la sua proposta di utilizzarla come “canzone” dell’AlSa Abruzzo, in attesa che Guido e Alessandro di Martinsicuro la scrivano insieme, visto che si erano proposti di farlo.
 
Dopo aver finito le comunicazioni, abbiamo pranzato “alla ritta” come si dice qui a Pescara, con pasti che ognuno dei partecipanti ha preparato.
 
Alle due, con la pancia piena ma sicuramente più rilassati,  abbiamo rotto il cerchio ed iniziato il pomeriggio con la relazione sul Corso "Teoria globale sul Viaggio della Gravidanza", tenuto da Giorgia e Lucia.

In realtà Giorgia voleva che questo “momento” non arrivasse mai… perché non voleva relazionare come a scuola… invece è stata chiara e semplice nell’esposizione.
 
Abbiamo seguito la relazione su delle tavolette che poi ognuno di noi ha acquistato… con l’impegno di leggere ogni giorno i dieci comandamenti e di cercare di farli propri.

I comandamenti erano scritti su un cartellone che Lucia ha consegnato all’AlSa Abruzzo,  uno a Pescara e uno a Martinsicuro.

Concludiamo questo post, scritto e corretto a quattro mani... con un ringraziamento a Lucia, che ci ha messo alla prova facendoci vedere le nostre diversità e il lavoro che dobbiamo fare per rispettare le nostri parti e riuscire a fare crossingover.

Alessandro ed Elisabetta

venerdì 21 novembre 2014

Sasso di Castalda (PZ), sabato 8 novembre 2014. GRUPPO ALLA SALUTE IN BASILICATA! Quando le Associazioni si incontrano e fanno Rete.

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GRUPPO ALLA SALUTE IN BASILICATA.
QUANDO LE ASSOCIAZIONI
SI INCONTRANO
E FANNO RETE!


I Gruppi alla Salute riprendono in Basilicata in un modo speciale e se il buongiorno si vede dal mattino, beh allora possiamo proprio sentirci fiduciosi per questo nuovo anno di attività che come per tutte le cose buone per la vita un pò spaventa e allo stesso tempo emoziona tutti noi. 


È stato infatti un inizio molto positivo reso possibile dalla presenza di un gruppo numeroso di partecipanti (quasi 30 persone) che per noi lucani è una bella novità,  eterogeneo e soprattutto impreziosito anche dall’arrivo dei tanti provenienti da Foggia che hanno permesso, con la loro meravigliosa e piacevole presenza, un crossingover arricchente.  Gli ospiti e i referenti della Casa Madre di Foggia (Associazione Koilos) sono partiti con il pulmino in mattinata per una visita alla nostra terra  cogliendo l’invito di partecipare al Gruppo. Ognuno di loro è in transizione… ognuno di loro è in viaggio… alcuni come Raffaele (Dariol), Dina e Daniela ritornano in questi luoghi a distanza di un anno dal IV Progetto "Rainbow" e si ricontattano con i  vissuti e le emozioni provate tra queste montagne. Sandra ritorna in una terra che conosce bene, che ha dato i natali al suo compagno di vita Raffaele ma che oggi la accoglie per la sua bella specificità, i suoi colori, il suo peso. 


Grazie al mio personale impegno il nuovo anno è iniziato con un’ulteriore novità: i nostri incontri del weekend ora hanno una nuova "location", molto bella, accogliente e confortevole in un ambiente fatto di pietra, travi in legno, libri, tappeti e cuscini.  Lo splendido Palazzo De Luca nel centro storico  del piccolo paesino montano di Sasso di Castalda ci è stato ben presentato da Rosanna la responsabile della struttura che ci ha parlato delle sue origini e di Don Giuseppe De Luca. Un ambiente avvolgente che non può che agevolare apertura ed intimità le quali, insieme a leggerezza e musica, hanno caratterizzato questo nuovo ripartire.


Il merito non può che andare soprattutto alla bravura, alla sapienza e all’esperienza di conduttori quali Sandra, Dina, Tonino e Patrizia che hanno saputo interpretare silenzi, mezze parole e sorrisi mozzati di persone a loro sconosciute con una capacità di lettura sorprendente. Un conduttore d’eccezione è poi stato Andrea, il piccolo grande Andrea Cimetti che con la sua sviluppata sensibilità e quella naturalezza tipica della fanciullezza, ha agevolato non poco la conduzione, specie rispetto alla presenza di un altro bambino il cui coinvolgimento sarebbe stato, diversamente, molto più complesso. 


Tutti questi contributi hanno permesso di presentare il Metodo alla Salute alle persone nuove presenti con le parole ma anche con la prassi, procedendo con le prime due fasi del Gruppo, con i pensieri antenati che hanno permesso di rompere il ghiaccio e di passare a quel livello più intimo e personale delle comunicazioni che infatti si sono intrecciate qua e là con immersioni sfiorate. E per non spezzare una così armoniosa atmosfera abbiamo continuato la nostra serata in pizzeria dove ci hanno raggiunto Carmine, Daniela e la piccola Ludovica che non vedevamo da tanto e tra chiacchiere e distensione continuando a scambiare, e poi a casa Cimetti-Mastrangelo per un’invasione d’amore e molteplicità, degne del Metodo alla Salute!!!


Bello anche il risveglio e poi il pranzo domenicale… che mi raccontano vissuto con la caratteristica “flemma” delle fredde domeniche autunnali, rintanati in casa con il camino acceso… con i bambini che giocano ingiro a guardie e ladri e le chiacchiere “in profondità” intorno ai fornelli… nulla di strano per una domenica d’autunno se non fosse per il fatto che mi è sembrato di capire che l’età dei bambini partiva dai tre anni fino ad arrivare intorno ai 58… 

 Simona Caione

mercoledì 19 novembre 2014

Troia (FG), martedì 18 novembre 2014. COMUNICATO STAMPA DELLA FONDAZIONE NUOVA SPECIE ONLUS. L'Insieme Madre-Neonato ovvero l'Insieme Femminile-Maschile.

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Prefettura di Foggia 



COMUNICATO  STAMPA
DEL 18 NOVEMBRE 2014.

DAL 25 AL 30 NOVEMBRE
L'INSIEME MADRE-NEONATO
OVVERO
L'INSIEME FEMMINILE-MASCHILE”.

 

Si chiama Tre corsi per un percorso metastorico nel terzo millennio ed è la trilogia di corsi formativi che, partendo da una profonda osservazione socio-epistemologica dei tempi attuali, ipotizza nuove prospettive di crescita.

Il primo seminario “Dall’economia del baratto ed economia finanziaria all’economia globale” ha tracciato lo stato attuale dell’economia evidenziandone la sua struttura psicotica e la sua correlazione con il "disagio diffuso".
 
Nel secondo, denominato: “Teoria globale sul viaggio della gravidanza, tenutosi nel mese di ottobre, prendendo brillantemente spunto dal processo di gravidanza che ogni essere umano è tenuto ad attraversare, il Dr. Loiacono ne ha abilmente messo in luce le varie fasi interpretandole come meccanismi che ognuno di noi continua a vivere nell’ordinario, essendo immerso in una gravidanza più grande, a “cielo aperto”. Questo basandosi sul concetto che la gravidanza costituisce il sapere più antico e si rivela essere l’elemento più appropriato di ispirazione-collegamento con l’ontologico.

Il terzo corso, che si terrà dal 25 al 30 novembre presso l’Aula didattica globale “Gianna Stellabotte” c/o Ospedale D’Avanzo in Viale degli Aviatori a Foggia, s’intitola:
In questo ultimo seminario, prendendo spunto dal rapporto che intercorre tra madre e neonato, verranno meglio evidenziate le prospettive concrete e di crescita verso cui questo particolare periodo storico ci sta spingendo.

Molte delle informazioni sono reperibili sul Blog:

Per info: 349-518738

Fondazione Nuova Specie ONLUS

71029 Troia (FG)
C.F. 94084660714 
E-mail: fondazione@nuovaspecie.com
 

lunedì 17 novembre 2014

Troia (FG), sabato 1° novembre 2014. I^ FESTA DELLA SEMINA ALLA MASSERIA DEL PRO.NU.S.

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PRIMA FESTA DELLA SEMINA
ALLA MASSERIA DEL PRO.NU.S.



La giornata del I° novembre appena trascorsa è stata una nuova occasione di scambio per i presenti, e per il nostro gruppo che si è occupato dell'organizzazione della giornata nei terreni della masseria che hanno visto la loro prima semina.

Grazie al lavoro di Filippo Marroccoli, abbiamo avuto a disposizione diverse qualità di semi: farro, grani antichi  e leguminose, oltre alla sapienza e buone pratiche di agricoltore/ agronomo, che generosamente ha messo a disposizione. 

Ognuno di noi ha seminato per sé qualcosa che avrebbe voluto lasciare e/o far nascere, in questa giornata di passaggio tra vita e morte,  secondo l'antica tradizione legata ai ritmi della terra.

E' il secondo appuntamento in masseria, che nasce dalla valorizzazione delle risorse che ognuno di noi è per gli altri: la presenza di Lara e le sue capacità di fare gruppo, di ascolto e disponibilità; Gioele che si è adoperato con gli altri ospiti della “Casa Madre” a preparare conserve, Grazia con il suo sostegno pratico, Gaetano che ha messo in rete le conoscenze acquisite attraverso il Gruppo di Acquisto Solidale, garantendoci prodotti di panificazione e agricoli che sono poi stati lavorati dalle donne del territorio foggiano.

In particolare il mio ringraziamento va a Dina Q.  e Giovanna V. che generosamente hanno lavorato alla realizzazione del pranzo della giornata.

Secondo me è stato una buona sperimentazione di risorse in rete, in cui noi organizzatori siamo stati attivamente supportati dalle donne foggiane e da tanti che in quella giornata si sono sentiti parte del tutto.

I ritmi sono stati lenti, abbiamo iniziato a seminare verso mezzoggiorno, dopo una presentazione della giornata e la preparazione di un pancotto fatta direttamente in masseria, con parte di erbe (rucola, cicorielle) raccolte proprio nel campo.

Abbiamo ascoltato chi tra i presenti ha sentito di seminare un negativo da cui far nascere altro; Patrizia ha iniziato e Gioele ha letto una lettera indirizzata a suo padre, in cui tanti dei presenti  si sono rivisti

Prima dell'inizio della vera e propria semina, abbiamo avuto l'occasione di danzare a ritmo delle tammurriate campane, grazie alla presenza di una mia amica di infanzia e due suoi amici. I suoni di questa musica tradizionale sono strettamente legati ai cicli della terra e della festa. 

Purtroppo essendo stata la loro prima occasione legata ad una iniziativa della Fondazione Nuova Specie, hanno sentito che l'aria di festa non potesse essere intaccata da vissuti profondi e dolorosi, scegliendo così di andare via, dopo l'intervento di Patrizia e la breve presentazione della giornata. 

A mio parere, una vita di festa è sacra tanto quanto una vita di dolore e, se entrambe le facce sono presenti, la ricchezza è moltiplicata. Ovviamente non giudico la loro reazione, perché come anche loro hanno ribadito “bisogna scegliere di fare un percorso. Queste parole mi hanno molto colpito, poiché nessuno ha parlato di percorso, per cui la sensibilità e la scelta di rinunciare alla festa l'ho rispettata, prendendomi tempo per non lasciarli andare subito, ma accogliendo le loro motivazioni e spiegando che la vita è complessa e avere degli “strumenti” ci aiuta ad accogliere anche il dolore.

Ho seminato del farro, sentendomi alleggerita dalla responsabilità che spesso mi accollo per altri e dando un valore più ampio a me stessa. La giornata è stata importante anche per Mariano, come ci ha raccontato a prima mattina, per l'intuizione che ha avuto sulle amicizie influenti di M. de Paolis appena defunto, che avrebbero cambiato il corso del rapporto del Centro di Medicina Sociale con le istituzioni nel corso degli anni.

Mariano, come tutti noi, ha seminato per trasformare questa amarezza e sofferenza in qualcosa di positivo e reale, grazie alla terra che abbiamo sotto i nostri piedi.

Veronica De Falco

domenica 16 novembre 2014

Aula didattica globale "Gianna Stellabotte" (FG), domenica 26 ottobre 2014. CORSO "TEORIA SUL VIAGGIO DELLA GRAVIDANZA". Quinto ed ultimo giorno.

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TRE CORSI PER UN PERCORSO.
II° CORSO:
"TEORIA GLOBALE
SUL VIAGGIO DELLA GRAVIDANZA".

Quinta giornata.


E tra una contrazione e l’altra siamo arrivati a domenica 26 ottobre.

C’è una piacevole atmosfera in giro, tutti sembrano leggeri, positivi e pieni di entusiasmo.
 
Sarà merito della festa del giorno prima?
 
A tal proposito Veronica comunica che la festa è stata divertente e quelle ore sono volate via con piacere: merito dello stile globale della festa e dei conduttori e ideatori della stessa ovvero Francesca e Barbara. Che coppia ragazzi! 


E’ giunto il momento di fare festa cantando a Mariano e Giovanna le canzoni che abbiamo messo a punto su di loro… anche qui la nostra creatività ha avuto spazio, sono venuti fuori dei piccolo capolavori di arte globale, oltre al fatto che ci siamo divertiti proprio nel comporle.


Al termine delle performance e dopo alcune comunicazioni, Mariano chiama Giovanni D. a fare il punto sulla situazione dei lavori in masseria. A Giovanni, Mariano riconosce la sua generosità e il suo saper donare con amore anche la sua professionalità per una buona causa, la nostra.
 

Mariano teorizza questo atteggiamento di Giovanni verso l’altro, anche come modalità di prendere distanza e fare il contrario rispetto a quello che ha vissuto in famiglia, dove invece si era portati ad accumulare senza tener conto dell’altro.
 
Giovanni racconta della sua esperienza, delle dinamiche familiari e del suo sentire rispetto a questo, Mariano chiama le sorelle a dare valore a questo uomo che in realtà è stato sempre affidabile per tutti, tagliando forse tante parti sue che ancora devono venire fuori.
Dopo questo momento intenso, perché ci fa vedere tanti meccanismi comuni a tanti di noi, ritorniamo al corso… in realtà anche questo è Corso, è Gravidanza, è voler provare a fare un Salto precipiziale, perché quando facciamo fatica ad abbandonare posti sicuri, caldi, è proprio là che il Viaggio ricomincia e ci porta verso l’inedito.


A questo punto Mariano ci fa riconoscere come la nascita sia in realtà la morte della gravidanza, perché mai più ritorneremo nell’utero materno e quindi ci ritroveremo a fare un salto e a ritrovarci nell’esistenza. Non abbiamo scampo: deve finire la gravidanza per poter nascere.

E’ con questo che per la prima volta sperimentiamo che vuol dire crisis: dobbiamo separarci definitivamente, distinguerci e decidere… che fatica ma se non avvenisse non conosceremmo mai cosa c’è fuori. Non vedremmo mai chi ci ha generato… forse sarebbe meglio? Ops… questo non si può dire… dai non vi arrabbiate... stiamo scherzando. Tutto serve.

Ma in realtà anche l’utero che ci ha tanto accolti, dopo nove mesi, comincia a essere stretto, angusto, bisogna uscire da questa nicchia, dobbiamo sradicarci.



Infatti l’utero che è molto saggio e lo fa dall’origine del mondo, aiuta il bambino a venire fuori attraverso le contrazioni e alternando l’uscita anche con momenti di quiete, di piacere in quanto assenza di dolore.

Tre sono le sofferenze che avvengono durante questa fase: la prima è quella dell’allontanamento, dell’esplusione, del tradimento, della delusione per la perdita di qualcosa che ci piaceva, non riuscendo ancora a vedere il “positivo”, quello che nascerà.
 
Per affrontare questo momento dobbiamo avere forti le c.d. tre virtù teologali: speranza, fede e carità.
 
Per procedere ancora è necessario quindi abbandonarsi a questo viaggio e attraversare la seconda sofferenza, quella dell’angusto, dello stretto, sentire anche il piacere nello sforzo che potrà sembrarci pure assurdo ma è proprio grazie a questo che abbandoniamo ciò che non ci serve più, rompiamo quei legami simbiotici che non ci servono più. Fino ad arrivare a vivere la terza sofferenza, quella della paura e del dolore per l’“extra”, per l’esterno, per l’estraneo, per il nuovo, nel momento in cui si esce definitivamente dall’utero. Senza questo attraversamento non si arriva nella parte dell’extra utero dove ci aspettano altri umani, certo estranei ma che ci porteranno a vedere orizzonti nuovi, a passare dalle tenebre alla luce… è lì che sentiremo il nostro primo respiro, il nostro primo logos, il nostro pianto.
 

Ed è cosi anche da adulti, dopo aver attraversato un momento di crisi, difficile in cui ci sembra di aver perso tutto, dove tutto ci sembra scomodo e complesso, una volta attraversato viene fuori il nostro nuovo primo respiro, rivediamo di nuovo la luce e benediciamo con lacrime di gioia il nostro venire fuori nuovi. Non è forse anche questa una nascita?
 
Ed è così che dopo esserci innamorati di questo momento che Mariano ci regala l’ultimo comandamento del Decalogo del Monte Cavo Ysteron:
“Tunnel della nascita e delle tre sofferenze: attraversa e fatti attraversare dalle tre sofferenze per rinascere ogni volta vitonauta trascendente in mission nella storia”.
La mano di Martenea scrive sulla lavagna questa pietra miliare che chiude il Decalogo che il nostro Mariano ci ha regalato… che emozione essere presenti e che bello sentire e vedere tanti occhi lucidi per queste verità scritte su un misero foglio di carta che, se pur non entreranno nella storia non ci importa, sono entrate nella nostra carne e saranno tramandate nel dna di chi ci seguirà.

Come è finita la giornata? Noi quando ci pensiamo ancora ridiamo… Questo non si può descrivere... preferiamo lasciare parola a questa foto memorabile.


Grazie a tutti per esserci stati e per aver messo un ulteriore passo verso la nostra Fetogenesi che al momento è unica nella Storia della Vita.


Giusi e Cristian

sabato 15 novembre 2014

Aula didattica globale "Gianna Stellabotte" (FG), sabato 25 ottobre 2014. CORSO "TEORIA SULLA GRAVIDANZA". Quarta giornata.

Fondazione Nuova Specie ONLUS


TRE CORSI PER UN PERCORSO.
II° CORSO:
"TEORIA GLOBALE"
SUL VIAGGIO DELLA GRAVIDANZA".
Quarta giornata.

 

Quarto giorno di Corso. E sembra strano... perché, come sempre accade in questi corsi, ti immergi completamente e perdi il senso del tempo, o forse meglio, vivi nel Kairòs.

Mariano apre leggendo la lettera di Cristian dove, tra gli applausi generali, informa che è stata ultimata la stanza che ospiterà il Mas.Tr.O. di Ancona. Ma annuncia anche una cosa forse più importante: dopo questa significativa e indimenticabile esperienza vissuta accanto a Moise, Giancarlo e Marco, intende fondersi per fondare qualcosa con la molteplicità.


A seguire alcune comunicazioni e poi Mariano entra nel vivo riallacciandosi alle dinamiche del giorno precedente. Nel ricordare che la vita è soprattutto viaggio e gravidanza, che bisogna essere Ondanza, invita Lidia, Margherita, Patrizia e Nica a fare Crossingover con i propri figli, trovando un punto di chiasmo e facendo entrare l’In.Di.Co. Bisogna avere il coraggio di sciogliere i confini e trasformarli in soglie, vedere i figli come sfide e non considerarli come figli “propri”. Bisogna mettersi alla pari, essere uguali nella diversità amando ciò che più dà fastidio.

La giornata si prepara ad essere una vera e propria maratona di teoria raffinata e noi corsisti, dilatati dai giorni precedenti, siamo pronti per assimilare la bellezza di sette comandamenti su dieci del Decalogo del Monte Cavo Ysteron.


Ed ecco entra in scena lo Zigote…. Ma chi è questo Zigote?
Una sola carne, ma in verità un duetto formatosi con l’unione di due personaggi famosissimi.

Lei è “Madama Dorè”, l’ovulo, un decimo di millimetro, sa cosa vuole e ama fare la sua passeggiata di 36 ore lungo i giardini di Villa d’Este. E’ una viaggiatrice che nel suo movimento circoscritto, endomigratorio, lancia sguardi ammaliatori ma non per questo desidera trovare subito il suo compagno di vita. Sa comunque che nella casa madre tutto è preparato.

Lui è lo spermatozoo, 80 volte più piccolo di lei, anche lui è un viandante, ma il suo è un movimento emigratorio. E’ un eroe che deve affrontare un viaggio fatale e disperato, sempre e freneticamente  in competizione con i rivali, che sono 160 milioni!

Foto della festa del sabato sera! Guarda un po' quanti spermatozoi!

Il maschile ha dovuto dunque fin da subito competere con la morte ed è forse per questo che nella vita un termine bello come competere, da "cum-petere" dirigersi insieme verso un obiettivo, ha assunto il significato di lottare, contendere, rivaleggiare.
Ma seguiamo il nostro spermatozoo...
Sarà la zona pellucida a decretare chi sarà il vincitore e a decidere dunque chi entrerà nella casa di “lei”.

E nel momento dell’incontro tra “lei” e “lui” si formerà a lo Zigote. Dopo una prima fase simbiotica ci sarà la vera e propria fusione (sarà questa nella vita delle coppie, nelle unioni reali, la fase più affidabile).

E’ “lui” che va alla casa di lei, il matrimonio lo decide dunque la “donna” sfruttando il movimento dello spermatozoo.


Zigote deriva da "zygôun", che vuol dire unire, congiungere, ed ha  la stessa radice di giogo e giustizia.

Il giogo serve a congiungere i due buoi che insieme contribuiscono a fare un buon solco che servirà alla semina e quindi alla vita. Il significato profondo di giustizia è “come unire le parti contrapposte”; in passato il simbolo della bilancia teneva legati in sé il significato di  unire e punire ma purtroppo oggi ha soltanto l’accezione negativa di punire. E ciò non ha nulla a che fare né con la giustizia, né con la vita.

È lo Zigote, il due in uno, la novità, come deve essere nella realtà,  perché il vero vitonauta ha bisogno sia dell’ovulo che dello spermatozoo, sia del maschile che del femminile. Lo zigote, che crea un genotipo unico col suo specifico fenotipo, è la formazione della ondanza e noi dobbiamo essere onda perché questa è la vera spiritualità.

Il fare coppia però non è il punto di arrivo; come deve essere nelle nostre vite, è un’opportunità per entrare nella gravidanza, per fare un viaggio che sia:
  • autoreferenziale, perché si basa su se stesso, ha già il suo programma dentro;
  • complesso, perché in ogni posto prende qualcosa;
  • trascendente, perché si fermerà solo quando avrà raggiunto la pienezza.
Se la Mitosi può rappresentare l’infanzia e l’avverbio sempre, la meiosi l’adolescenza e l’avverbio mai, lo zigote è il simbolo dell’adultità e dell’avverbio più vicino all’In.Di.Co., ancora.

Lo ZIGOTE è il III° comandamento.
"Ricongiungiti e forma un intero di te ogni volta inedito e in viaggio".

Si apre ora la strada per il IV comandamento: lo zigote diventa MORULA.
"Fai festa per la nuova identità e moltiplica con piacere ogni intero raggiunto".

Le caratteristiche della morula sono il movimento esterno nella tuba, e cioè il viaggio verso l’utero, e il movimento interno che moltiplica le cellule fino a diventare sessantaquattro, senza che ci sia cambiamento di volume della morula stessa.

La fase “Morula” è una fase narcisista, dove non si vedono le esigenze degli altri ed è invece bello viversi il proprio potere, il proprio valore; è uno stadio in cui riusciamo a essere specchio per noi stessi, facendo festa per ciò che di inedito è nato e riproducendo continuamente quel nuovo inedito raggiunto.

Questa fase è come un’oasi, ma deve essere solo di passaggio, una fase dunque temporanea prima di intraprendere il vero viaggio trasmutativo.

Dobbiamo però fare attenzione perché esiste anche la Morula meiotica cronica, e questo succede quando il mezzo diventa il fine come per esempio nelle varie dipendenze da sostanze, cibo o altro.

C’è pure la Morula mitotica cronica che piace molto alle istituzioni, perché crea un’identità affidabile che ripete sempre le stesse cose all’infinito senza cambiamento/crisi.

Ma l’ONDANZA continua e la Morula deve fare il SALTO PRECIPIZIALE, V comandamento del nostro nuovo decalogo:
"Abbandonati al vuoto e precipita dove il viaggio può continuare".
Se quindi la Morula è la Domenica delle Palme in cui si fa festa, il lunedì comincia, con la Passione, il Salto precipiziale.


Dopo il Salto precipiziale, ci si avvicina di più a se stessi, quindi non bisogna avere paura di sfracellarsi, bisogna avere fede, riuscire a intravedere già la fase nuova mentre si sta planando, immaginando che forse c’è un “bosco di braccia tese ad accoglierci.

Il Salto precipiziale regala alla Morula il vuoto, il cielo, trasformandola in “blastocele” che al suo interno forma uno spazio fra le cellule che si riempie di liquido, acqua.

Quindi l’acqua ci riporta al pianto che, assieme al “fare vuoto”, è l’esperienza più antica di diversificazione, ed è perciò un’esperienza liberatoria.

I nostri occhi piangono perché se è vero che non vedono più la luce che è l’esistenza, nello stesso tempo esprimono il desiderio di voler tornare all’utero, nel suo liquido amniotico sinonimo di acqua/lacrime.


Il blastocele, atterrato dopo il suo salto precipiziale nell’utero, deve perdere la ZONA PELLUCIDA per potersi interrare nella madre terra dell’utero, ed ecco il VI comandamento:
"Spogliati della zona pellucida legata alle appartenenze passate, superate".
La zona pellucida, che rappresenta la famiglia d’origine, ci ha protetti, ci è servita, ma a un certo punto va lasciata, deve marcire per poter dare frutti. La zona pellucida è ipertrasparente, non riusciamo a vederla e solo sporcandola di situazione negative finalmente ci appare; dobbiamo allora spogliarcene, come ha fatto San Francesco. Dobbiamo ritornare nudi, per poter riannodare i nostri fili.

Ma per spogliarci bisogna “sputare nel piatto” dove abbiamo mangiato, dobbiamo rompere lo specchio che rifletteva in noi la madre patria.

Anche la vita stessa è una zona pellucida che prima o poi dovremo perdere con la morte, perché allora ci dovremo reinventare nella grande zona uterina dell’In.Di.Co.

Lascia la zona pellucida soltanto chi guarda avanti e interiorizza un progetto.

E così il viaggio della gravidanza procede ed è ora di interrarsi; urge spiegare qual è il VII comandamento, il SINCIZIO TROFOBLASTO:
"Fa’ vuoto dentro di te, annodati a un contesto uterino e interrati con umiltà".
A questo punto il blastocele crea un patto di sangue duraturo con l’utero e con la madre, potremmo anche dire che è come creare un nodo fra “quello che solo io sono” e “quello che solo tu sei”. Questo è il presupposto per far iniziare il processo di crescita, il seme ha trovato il terreno fertile ed ha messo radici. Adesso possono iniziare a formarsi i tre strati del foglietto embrionale, portandoci così nell’EMBRIOGENESI, VIII comandamento:
"Sii autoreferenziale e costruisciti prima di tutto nel rapporto con te stessa".
L’embriogenesi è una fase psicotica, in cui è importante “CHE UNO SIA TUTTI”.


Il punto mitotico di ogni organo si struttura separatamente, ognuno deve fare la sua strada senza sapere che solo dopo ci si incontra. E’ una fase solista dove nessuno si interessa del percorso dell’altro, ognuno è il massimo, il maestro di sé.

E’ come se fosse la base della “Piramide del Sarvas, il rapporto con se stessi, diventando un punto mitotico grande. Solo dopo aver creato questo punto mitotico grande, si può passare alla composizione complessa richiesta dalla fase fetogenetica; IX comandamento quindi è la FETOGENESI:
"Desidera ardentemente l’intreccio-complessità e adoperati creativament. CHE TUTTI SIANO UNO".
Fetogenesi dalla radice “Fe”, che vuol dire sono, produco, cresco, divengo; è anche radice di “Femmina” e “Felicità”.

La Fetogenesi è il periodo più bello, ma anche il più difficile, perché difficile è mettere insieme identità psicotiche. In questa fase è fondamentale la placenta, che è il sinolo fra l’embrione e la mamma, è il punto dove questi due versanti si mescolano, mentre l’utero fa da specchio alla crescita del feto.

Così, nella nostra vita, anche genitori e accompagnatori dovrebbero fare da utero e placenta e la famiglia stessa dovrebbe essere una “Fetogenesi”.

Per creare la Fetogenesi sono necessarie tre note:
•    il SOL, saper transitare anche nel negativo storico;
•    il LA, saper fare festa anche nel negativo;
•    il SI, saper accettare anche l’interruzione, riposarsi.

Questa in breve è l’ONDANZA del DECALOGO DEL MONTE CAVO YSTERON, dal III al IX comandamento.
Chi volesse approfondire non può non vedere il bellissimo DVD del corso, dove si può osservare l’ONDANZA di Mariano che riesce a far danzare tutti i dieci comandamenti della vita in uno spettacolo non sterile, ma ingravidante per molti corsisti e posteri al corso.

Valentina Löffelholz e Lidia Gualtiero